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IL RICCIO regia di Mona Achache

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Invia una mail all'autore del commento kowalsky     5 / 10  16/01/2010 00:55:29Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Vedi alla voce incompatibilità tra cinema e letteratura. Esempi? Le particelle elementari, Soffocare, etc.
La critica è andata giù troppo pesante ma qualche ragione ce l'ha sicuramente: nel cinema i personaggi sono livellati al punto che diventa parossistico non solo cedere vagamente alle caratteristiche di un singolo romanzo, ma soprattutto divergere letteralmente da un'autore all'altro.
Sostanzialmente si tratta di furbissimi film medi, travestiti da opere d'autore, che prendono dai rispettivi romanzi gli aspetti marginali e superficiali fino a rendere rassicurante anche il robante impatto di un "terremoto collettivo".
La prima cosa che dimostra questo esordio è l'assoluta mancanza di ironia, stemperata in una visione che vorrebbe essere dissacrante, ma è soprattutto studiata a tavolino per diventare quello che comunemente definiremo "insolito ed eccentrico". La borghesia opps freudiana del film è dipinta con una serie di macchiettismi predisposti a credere nell'assoluta incoerenza dei personaggi.
Non ho letto il libro ma mi restano in testa solo una serie di infinite elucubrazioni (dettasi aforismi) tipo "tutte le famiglie felici si somigliano ma le famiglie infelici lo sono a modo suo" oppure interrogativi come "a che serve morire se si cerca di non soffrire più?". Nient'altro. Non la sottile (anzi preponderante immagino) lotta classista tra i ricchi infelici e la portinaia - personaggio interessante per quanto nel film disposta solo a difendere la sua falsa modestia intellettuale e sociale - non la divagazione tra la vita e la morte che una ragazzina dispotica e genialoide cerca di trasmettere a una tipologia di spettatori convinta di aver assistito a una vera opera d'arte.
Ne esce un quadro un pochetto ingessato con un'epilogo talmente mal girato (neanche un nesso temporale preciso, nemmeno lo scontro tumultuoso tra desiderato e possibile) da percepirne soprattutto la sua coerente falsità, il cinismo spocchioso del cinema che vuole agguantare ogni tipologia di spettatore.
Josane Balasko offre l'unica prova convincente, nonostante la superficialità "feticista" del suo personaggio, perso tra la spazzatura e i film di Y. Ozu.
Peccato che alla lunga la sua sfortunata primavera sbocci in un fotoromanzo sporcato tutt'al più dalla salsa del sushi