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LA BATTAGLIA DEI TRE REGNI regia di John Woo

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kafka62     6½ / 10  16/02/2018 19:23:00Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Cosa c'è in comune tra Wolfgang Petersen e John Woo? Se si guarda alla loro carriera e al loro prestigio autoriale, apparentemente nulla. Molto invece, se si accostano "Troy" e "La battaglia dei tre regni". Questo primo film di Woo dopo la sua parentesi americana è girato infatti con la "grandeur" di un colossal hollywoodiano: comparse a perdita d'occhio (come già nel precedente cinese più significativo, "La città proibita" di Zhang Yimou), flotte di navi smisurate (suggestivo il volo della colomba sopra le imbarcazioni che discendono il fiume Yangtze), battaglie interminabili con rutilanti esibizioni di eroismo e di coraggio, manicheismo nei personaggi (mai un dubbio su chi siano i buoni e chi i cattivi) e retorica un po' tronfia dell'onore e della lealtà. Un altro parallelo con "Troy" è che "Le cronache dei tre regni" a cui il film è ispirato sono il corrispettivo cinese della nostra Iliade, per cui i vari Zhou Yu, Zhuge Liang, Cao Cao e Xiao Qiao sono un po' come gli Achille, gli Ettore, gli Aiace e le Elena di Omero. L'epica sontuosa de "La battaglia dei tre regni" rischia però di naufragare nella noia di combattimenti estenuanti (per quanto ottimamente coreografati), solo di tanto in tanto intervallati da sprazzi di poesia orientale (un'alleanza intrecciata grazie a una gara di musica, una cerimonia del tè usata come espediente per ritardare l'attacco nemico): forse la versione occidentale, accorciata (sia pure con l'autorizzazione del regista) di due ore rispetto a quella cinese, non è riuscita a ristabilire un equilibrio appropriato nel materiale narrativo. Fatto sta che Woo dà l'impressione di essersi fatto prendere la mano da una battaglia che da sola dura quasi come un intero film, con esplosioni e stragi di soldati quasi come se fosse uno sbarco in Normandia ante litteram. Il suo stile si nota, certo: ralenti, montaggio concitato, la scena in cui il Vicere Zhou Yu si trova a dover minacciara Cao Cao con due spade puntate alla gola ("Face off"?), e persino le immancabili colombe bianche (qui usate per mandare messaggi segreti dall'accampamento nemico). Ma una tale, tronitruante esibizione di tecnica (e di budget, naturalmente), pur portando a esiti certo non disprezzabili, in alcuni momenti anzi affascinanti, questa volta mi ha lasciato un po' freddino, facendomi rimpiangere – lo confesso – i wu xia pian di Zhang Yimou.