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L'UOMO SCIMMIA (1943) regia di William Beaudine

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Jolly Roger     6½ / 10  29/04/2013 13:54:51Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Il cammino a ritroso. È sulla base di questo concetto che vorrei impostare il mio commento.
Ogni tanto, dopo aver visto una gran quantità di horror moderni, molto recenti, vien voglia di tornare un po' indietro nel tempo e guardarsi un horror di settant'anni fa.
È qualcosa di molto simile all'aver camminato lungo un sentiero di montagna per diverse ore, fino a trovare una sorgente d'acqua fresca e pulita da cui bere, allo stesso modo volevo camminare a ritroso verso le origini del cinema horror, alla ricerca della sua sorgente primaria, scevra dagli effetti speciali, dalla velocità moderna e dalla ricerca sfrenata di originalità, per comprenderne le radici, quel qualcosa che deve per forza essere rimasto immutato – e quindi incluso anche nel cinema attuale - ma che forse è più chiaro, evidente e comprensibile nel suo aspetto più antico e genuino.

Bela Lugosi interpreta uno scienziato che ha fatto esperimenti su sé stesso. Gli esperimenti sono andati male e l'organismo dello scienziato ha intrapreso un percorso inverso rispetto a quello tracciato dell'evoluzione: sta diventando un orribile scimmia.
Personalmente, credo che sia questo l'aspetto inquietante del film: il cammino a ritroso. Un cammino involutivo, verso la nostra natura di scimmie, persa in anni di evoluzione, ma sempre latente dentro di noi, custodita nei nostri geni.
Il film avrebbe avuto ben poco fascino, se il protagonista si fosse trasformato, ad esempio, in una giraffa, o, che ne so, in uno pterodattilo. L'immagine di quell'uomo, mezzo uomo e mezzo scimmia, vestito con un impermeabile e un cappello, che si aggira con movenze animalesche nel buio, è qualcosa che crea un effetto molto disturbante. Oltretutto, Bela Lugosi è doppiato in modo fantastico, con una voce affetta da profonda raucedine scimmiesca.
Naturalmente lo scienziato è disperato: egli sa che molto probabilmente non troverà una cura, ma, anche solo per arrestare il processo involutivo che lo sta straziando nel corpo e nell'anima, necessita di iniezioni di midollo spinale umano. E qui mi fermo: il buon horror-intenditore ha già capito tutto ;-)
Il film non è un capolavoro. No, proprio non lo è, ammettiamolo. Non lo era nemmeno ai suoi tempi, perché era già considerato un b-movie. Ape Man è una storia molto semplice, anzi banale, che dura appena un'ora, che tra l'altro contiene un siparietto finale che nulla ha a che vedere con il film e che ti fa venir voglia di spaccare il video.

Tuttavia, come diceva H.P. Lovecraft, l'orrore, in fondo, è la paura, e "la paura più grande è quella dell'ignoto". L'ignoto è ciò che noi non conosciamo, è ciò di cui la nostra natura rifiuta di accettare l'esistenza, è ciò che - sulla base delle nostre conoscenze scientifiche e delle nostre basi culturali - dovrebbe essere impossibile o comunque innaturale, è la difformità, la deformità, ciò verso cui il nostro essere prova istintivamente repulsione.
Ebbene…In questo senso, la figura di Bela Lugosi, condannato ad un incontrollabile regresso psico-fisico e incapace di trovare una cura ad esso, in strada con l'aspetto di una scimmia, immobile predatore con l'istinto animale negli occhi ed un ghigno crudele, ben si presta a rappresentare l'immagine dell'orrore.