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PLATOON regia di Oliver Stone

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kafka62     8 / 10  08/04/2018 12:34:54Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
"Platoon" sembra iniziare là dove "Hair" terminava, vale a dire da quell'inquietante portellone di aeroplano militare che, come una enorme e famelica bocca nera, nel film di Forman ingoiava un intero battaglione di reclute in partenza per il fronte, mentre adesso, in una di quelle ellissi che solo il cinema sa rendere, le fa riemergere nell'accecante luce del Vietnam, appena in tempo per fare la prima, scioccante conoscenza con la morte, sotto forma di funebri sacchi di plastica ammonticchiati sulla pista dell'aeroporto. Il giudizio critico su "Platoon" è grosso modo ambivalente. Quando si limita a rappresentare fenomenologicamente la guerra, "Platoon" funziona – va detto – meravigliosamente bene, soprattutto perché, grazie a sequenze di una violenza e di una concitazione inusitate, esso punta dritto alle viscere dello spettatore, impedendogli praticamente di riflettere. Le scene dei combattimenti notturni (con le ombre dei nemici che emergono minacciosamente dall'oscurità, le bombe che illuminano a giorno il campo di battaglia e i proiettili che attraversano l'aria come schegge impazzite) hanno un fascino innegabile, in quanto mai nessun regista era riuscito a descrivere in modo altrettanto efficace, direi quasi palpabilmente, la fisicità della guerra, la violenza senza motivo generata dall'eccesso di tensione nervosa, persino la forza disperata che nei momenti estremi solo la paura può dare (come quando Taylor e Francio escono dalla trincea sparando all'impazzata e gridando: "E' bellissimo!"). L'esibizione di una grande maestria tecnica (dal montaggio ultraveloce eppur chiarissimo all'uso estremamente dinamico della macchina da presa) non toglie a Platoon la capacità di presentarsi in certi momenti quasi come un esempio di cinema-documentario, dal taglio inequivocabilmente realistico.
Quando invece cerca di dare alla guerra del Vietnam un senso che trascenda la pura e semplice oggettualità dei combattimenti, degli agguati notturni e delle sparatorie, il film di Stone rivela qualche limite. L'idea di fare del sergente Barnes e del sergente Elias i due padri spirituali del protagonista, i quali si affrontano fino alla morte per il possesso della sua anima, non è a priori disprezzabile, ma ha l'effetto di introdurre perniciosamente all'interno della storia due tarli che finiscono ben presto per corrompere in profondità il film: lo schematismo e la retorica. Per quanto riguarda il primo, bisogna dire che i due sergenti rappresentano due opposte concezioni morali le quali, in mancanza di un adeguato approfondimento psicologico dei caratteri, sono riconducibili al vecchio e semplicistico dualismo tra Bene e Male. L'aver aggiunto ai due personaggi tratti ora epici (Barnes sette volte ferito in battaglia e sette volte sopravvissuto, Elias che al rallentatore viene crivellato di colpi, si rialza e ricade più volte, per morire infine come un eroe mitologico) ora al contrario (ma solo in apparenza) smitizzanti (Elias che fuma marijuana con gli occhi persi nel vuoto) non impedisce loro di essere soprattutto due archetipi privi di un'autonoma consistenza drammaturgia. Gli altri uomini del plotone si schierano, dal canto loro, con l'uno o con l'altro, in due fazioni contrapposte, la prima delle quali formata da gente che cerca (o non può fare a meno) di conservare, anche in mezzo alle prove più dure, una sorta di dirittura morale, la seconda fatta di soldati facinorosi e fascistoidi. Insomma, come nei vecchi film di una volta, i buoni lottano contro i cattivi, solo che qui questo conflitto è esclusivamente preordinato alla tesi che, in fin dei conti, "non abbiamo combattuto contro il nemico, ma contro noi stessi, e il nemico era dentro di noi".
A questo punto interviene il secondo elemento negativo di "Platoon", la retorica. L'esperienza di Taylor in Vietnam vuole infatti proporsi, senza averne peraltro i necessari requisiti emblematici, come una progressiva presa di coscienza dell'americano medio (non a caso Chris è un volontario proveniente dalla middle class), come un ingresso graduale e iniziatici in una sfera di nuova consapevolezza etica. Stone suggella questi proponimenti con un finale apocalittico (i cadaveri che giacciono ammonticchiati l'uno sull'altro), con una musica solenne e un po' troppo orchestrata (anche se, a dire il vero, nient'affatto brutta) e con una sorta di pistolotto pacifista che fa ingenuamente (?) appello ai sentimenti degli uomini di buona volontà (con ciò sopravvalutando la forza di convinzione del suo film o sottovalutando il fatto che fare film contro la guerra è un po' come fare film contro la pioggia: non si potrà certo impedire che in futuro continui a piovere). In estrema analisi, "Platoon" rimane comunque un film imprescindibile del genere bellico, che visto a distanza di più di trent'anni dalla sua uscita non mostra neppure una ruga, grazie a un pathos e a una tecnica realizzativa che Oliver Stone nella sua lunga e prolifica carriera non è più riuscito a eguagliare.