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SCHEGGE DI PAURA regia di Gregory Hoblit

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Invia una mail all'autore del commento Zazzauser     7 / 10  06/03/2011 18:06:29Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Attenzione, spoiler.

Un buon thriller legale di Hoblit. Nell'ambito dei film del genere si piazza a buoni livelli, grazie prima di tutto al soggetto di partenza - il romanzo di William Diehl - e poi ad un intreccio consueto reso interessante da una sceneggiatura per certi aspetti molto ben studiata. Il problema è che la pellicola finisce per dilungarsi un po' troppo in quasi due ore e dieci di pellicola, oltre la metà di film l'interesse creato nella prima metà cala, la vicenda si sposta quasi completamente in tribunale, e lo script finisce per lasciare incompleto o addirittura glissare l'approfondimento dei molti bei spunti a cui aveva dato vita - il coinvolgimento dell'arcivescovo nella speculazione edilizia, la questione filosofica, morale e legale sollevata sugli avvocati, di cui Martin Vail perlomeno all'inizio ne è l'esemplificazione della meschinità e della ricerca non della verità ma dei soldi e della carriera, il "cambiamento" di Vail, vero personaggio dinamico della storia, suscitato dall'esperienza che ha maturato, il rapporto tra Vail ed il P.M. interpretato dalla Linney, gli altarini del procuratore distrettuale. Persino la pedofilia nell'ambito dell'alto clero, che dovrebbe essere il perno centrale dell'intera vicenda, non ci si dà la briga di analizzarlo a dovere e con convinzione, ed alla fine anche le dinamiche ed il movente dell'omicidio non convincono lo spettatore.
Non si può negare una costruzione intelligente della storia e una sceneggiatura ben studiata, ma a livello di contenuti si ha l'impressione che la maggior parte sia fumo negli occhi generato da troppa carne messa sul fuoco. Questa freddezza dell'impianto di base viene parecchio risollevata dall'emozionante twist ending, studiato ad arte per lasciare attoniti gli spettatori, e dalle brillanti interpretazioni, una su tutte quella di uno straordinario Edward Norton che avrebbe meritato di vincere l'Oscar ben più del Cuba Gooding Jr. di Jerry Maguire, ma anche dell'ottimo Richard Gere e della scostante Laura Linney.

Un film ampiamente dignitoso, abbastanza emozionante e godibile, elegante nella messinscena, mai scontato ed originale. Ma in sostanza un'occasione mancata sia per Gregory Hoblit che per la pellicola, che se messa in mani più esperte sarebbe di sicuro stata sfruttata al massimo delle sue potenzialità.