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I SOLITI IGNOTI regia di Mario Monicelli

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stratoZ     8½ / 10  18/12/2023 14:52:00Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
ATTENZIONE POSSIBILI SPOILER

Nel 1958 Monicelli dirige una delle commedie più importanti di sempre, che sicuramente merita un posto di riguardo nelle opere fondamentali della fortunata corrente della "Commedia all'italiana", che da qui in poi avrebbe iniziato a proliferare per oltre un decennio sugli schermi del nostro paese, "I soliti ignoti" racchiude molti degli elementi chiave che caratterizzeranno queste pellicole, parliamo di un macigno di storia, scritto, diretto, fotografato, musicato, ma soprattutto interpretato meravigliosamente, ma andiamo con ordine.

Se nello specifico il sottoscritto pensa che il vero film pioniere della commedia all'italiana sia "Guardie e ladri" dello stesso Monicelli e col principe della risata sempre sugli scudi, al film in questione va riconosciuto il merito sia di aver lanciato, complice il grande successo di critica e pubblico, la tendenza delle commedie a sfondo drammatico nel contesto del dopoguerra e del boom economico, sia di aver lanciato nella commedia attori cardine del movimento come Gassman e Mastroianni.
Il film nasce come una parodia dei caper movie che erano tipici del cinema francese e americano, prendendo spunto principalmente da "Rififi" di Dassin, ma più in generale da vari autori quali Clouzot, Becker, Melville e via dicendo.

- "Dimmi un po', ragassuolo: tu conosci un certo Mario che abita qua intorno?"
"Qui de Mario ce ne so' cento."
"Sì va bene, ma questo l'è uno che ruba…"
"Sempre cento so'."

Del film colpisce, oltre che la forte verve comica, il contesto che viene rappresentato, ambientato nella periferia romana, narra di una manica di sbandati che vuole arricchirsi, o meglio ancora, uscire dalla miseria, tramite questo colpo al banco dei pegni, grazie ad una soffiata che Peppe, interpretato da Vittorio Gassman, ruba con l'inganno a Cosimo in prigione, in una scena già di per se esilarante, già nel mentre si cerca di mettere insieme la banda si nota come il luogo e le conoscenze dei personaggi ruotino attorno alla criminalità, la ricerca stessa dell'incensurato sarà molto difficile, con una popolazione ancora sul lastrico della povertà a causa della precarietà sociale e lavorativa e degli strascichi della guerra, è qui però che Monicelli ci mette tutta la sua componente comica, andando a creare un umorismo che si sposa egregiamente col dramma vissuto dai personaggi, che qui comunque sono rappresentati come dei lavativi che evitano il lavoro a tutti costi, basti guardare la splendida scena finale in cui Gassman viene trascinato a forza in cantiere dopo essere finito nella mischia per scappare dai poliziotti.
I contesti che erano già stati rappresentati più volte nel neorealismo qui prendono nuova linfa grazie alle trovate umoristiche di una sceneggiatura molto efficiente nell'alternare dramma e comicità, ci vengono presentati una serie di personaggi indimenticabili dal mitico Ferribotte, interpretato da Tiberio Murgia, siciliano all'antica, gelosissimo della sorella, al grande Dante Cruciani, interpretato nientedimenoche da Totò, che in letteralmente tre scene con la sua mimica, col suo carisma e col suo solito accento conquista lo spettatore, io mi ero già innamorato al suo "è una schifezza", poi se ci mettiamo pure la scena della lezione sul terrazzo su come si scassina la cassaforte arriviamo a livelli altissimi.

Se però Totò può essere considerato un comprimario, così come Mastroianni in realtà, il mattatore assoluto e quello che a mio parere offre la prova più convincente del film è Gassman, in uno dei suoi primissimi approcci alla commedia è scatenatissimo, raggiungendo dei picchi di recitazione e versatilità nelle scene in cui deve sedurre Nicoletta, la domestica della casa di cui devono servirsi per arrivare al bottino, cambiando dialetto per fingersi di origine nordica con una naturalezza imbarazzante, fingendo e facendo l'imbranato più volte in una maniera talmente liscia da sembrare quasi non stia recitando, semplicemente gigantesco, con la sua presenza scenica e un carisma strabordante.

Ma non mancano le gag anche degli altri personaggi, da Mario che vuole sedurre Carmelina " Sono mmmichele dddimenticai le chiaviii" alla tentata rapina di Cosimo con la sua pistola beretta ma in cattivissime condizioni, gli daranno mille lire al massimo per quella.
Per poi arrivare ad un finale che è semplicemente poesia, da come è gestito registicamente, per le trovate, tra i tubi dell'acqua che vengono sfondati al muro sbagliato abbattuto, al gatto lanciato al portiere, fino ad arrivare a quel momento agrodolce della pasta con i ceci, che racchiude fondamentalmente tutto il significato del film, un dissacrante affresco della miseria dei personaggi, tra il comico e il dramma, dalla disillusione causata dall'aver fallito il colpo alla consolazione di aver comunque trovato un pasto caldo - quella pentola in alluminio ce l'aveva pure mia nonna e vi assicuro che i legumi cotti lì sono buonissimi -.

Un modo di arrangiarsi da cui prenderanno spunto ancora tante volte gli altri grandi della commedia all'italiana e che diventerà un simbolo del nostro cinema, fatto di questi personaggi picareschi, umili e autoironici, disillusi e speranzosi, Monicelli qui dirige una pietra miliare, aiutato da un'ottima fotografia, che ricorda il bianco e nero tipico dei caper movie già citati, molto contrastato e dalle ambientazioni sporche e degradate e una splendida colonna sonora jazzata che restituisce un po' la comicità tipicamente italica che il film vuole far trasparire, la definitiva consacrazione del genere arriverà l'anno dopo con "La Grande Guerra", ma qui abbiamo già delle solidissime fondamenta.

"Ragassuoli, ho paura che abbiamo rotto la cannella del gas"