julian 6 / 10 22/02/2010 21:46:52 » Rispondi Un'altra profonda delusione del mese. Forse se non ci fossero stati quegli altri tre quattro utenti a mettere un voto basso - tra cui Ferro e Cash che sono due sicurezze del sito - mi sarei ripromesso di vederlo con più calma altre volte perchè era chiaro che l'errore risiedeva in me. Di solito faccio così, i film importanti su cui mi trovo in difficoltà li lascio perdere; Aguirre, però, è uno di quei casi in cui sono quasi fermamente convinto di non aver preso una cantonata. Semmai l'avrà presa qualcun altro... Herzog è un autore nuovo per me, ovviamente questo significa che mi sono trovato di fronte a uno stile del tutto inedito: pochi soldi racimolati per un film/documentario con soluzioni amatoriali (una delle poche cose da apprezzare che vanno un pò a tamponare la delusione presa), lentezza maniacale anche se con movimenti di macchina, specie sul fiume, parecchio interessanti, sottofondo musicale pseudoepico ma sempre uguale, poi scrittura dei personaggi inesistente, escluso Don Lope de Aguirre, e sceneggiatura nulla, scritta di getto in due giorni. E' chiaro che Herzog volesse fare un film di fotografia (altra cosa buona della pellicola a quanto pare, ma non ho potuto goderne per la versione marcia che ho visto), incentrata su una sola figura, Aguirre, l'unico impersonato da un attore degno di tal nome: se ne ha la conferma anche leggendo che il regista non si attenne molto al canovaccio appena abbozzato, che perse addirittura alcune pagine e che cambiò il progetto sul posto rinunciando a scene troppo difficili da realizzare con i pochi mezzi. Il film è un'improvvisazione continua portata avanti dal solo Kinski, cui è stato indicato di impazzire progressivamente insieme al suo personaggio (ci riesce bene, ma suona falso, costruito fin nelle espressioni); i buchi dei personaggi secondari (l'esempio più eclatante è Helena Rojo che non ha ruolo alcuno) li riempie la natura con il suo silenzio. Personalmente non ricordo molti altri film di un'ora e mezza che riescono ad annoiare e la cui visione sia così maledettamente ardua. Le tre letture che propone il Morandini - storica, drammatica e politica - più la dimensione onirica, sono percepibili, come diceva anche Ferro, solo se lo spettatore è già predisposto al bene verso tale pellicola. Il discorso è lo stesso di Elephant di Van Sant: un racconto stilizzato non può ambire alla definizione di ritratto universale. I temi trattati da Herzog, follia e magalomania su tutti, sono rappresentati in una maniera francamente discutibile e quanto mai tediosa. Più che un capolavoro, un cult che a molti è rimasto nel cuore, sennò tante cose non me le spiego.
julian 23/02/2010 12:48:39 » Rispondi Bull non mi devo certo sentire obbligato a farmi piacere un film; tu che vai spesso contro corrente dovresti saperlo meglio di me.
julian 24/02/2010 01:08:51 » Rispondi Ahah se volete ho un altro centinaio di aggettivi che si riferiscono a me; me li assegnò la mia prof al ginnasio, ci ho fatto pure una maglietta. Chissà, forse aveva previsto che avrei messo 6 ad Aguirre.