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UNA ROMANTICA DONNA INGLESE regia di Joseph Losey

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amterme63     6½ / 10  20/03/2009 17:56:34Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
E' un film piuttosto pesante, dal ritmo molto lento e da una tematica non certo nuovissima, riscattato in parte dalla splendida fotografica e dalla scenografia. Del resto Losey stesso non lo considerava uno dei suoi film più riusciti,
L'infedeltà di coppia è un tema vecchio quanto il mondo. Andrebbe scritto un trattato storico che parte dalla preistoria. La società borghese è molto sensibile a questo tema, visto che la famiglia e la sua stabilità hanno un ruolo centrale in società. Questa istituzione fa però a cozzi con la libertà individuale, altro valore base della società borghese. Fatto sta che su questo contrasto sono stati scritti capolavori letterari come Madame Bovary, Anna Karenina, Effi Briest, ecc.. Nel cinema, quello che ha meglio rappresentato questo tema è stato Ingmar Bergman.
Il film in questione (paragonato a quelli di Bergman) tratta il tema in maniera più superficiale, senza andare troppo ad approfondire e non riuscendo ad esprimere fino in fondo e chiaramente le vere ragioni dei personaggi.
Il marito (ottimo Michael Caine) è forse il personaggio più complesso e quello centrale del film. E' uno scrittore che vive il dissidio fra la realtà (vita normale borghese) e immaginazione (la fantasia morbosa dei suoi romanzi). Tiene alle "regole" del matrimonio borghese ma dentro di sé quasi desidera che sua moglie lo tradisca (si eccita al pensiero, gli viene l'ispirazione per scrivere). Ha un comportamento chiaramente molto contraddittorio, aggravato dal senso di superiorità maschile. Purtroppo non sempre questa complessità viene ben rappresentata o spiegata e in lui rimane sempre qualcosa che sfugge.
La moglie (una brava Glenda Jackson) è chiaramente insoddisfatta, ma stenta ad ammetterlo con se stessa. Vorrebbe amare il marito ma trova da parte sua scarsa fiducia, tanto da sentirsi quasi spinta per ripicca a fare quello che lui rifiuta/desidera che avvenga. Anche lei ha dei voltafaccia improvvisi nel comportamento, non facilmente spiegabili né ben rappresentati.
A completare la storia c'è infine il personaggio del gigolò, scroccone, parassita interpretato da un modesto Helmut Berger. E' il personaggio più superficiale e meno approfondito, anche se ha il comportamento più chiaro e conseguente (partendo da presupposti materialisti).
Lo stile filmico è quello tipico dei primi anni '70, molto lento, che rappresenta tutto con molta calma, compresi gli atti più banali. Anzi è proprio con le cose banali che si vuole creare "significato". Frequenti sono le ellissi proprio di momenti topici. Diciamo che la monotonia e il languore borghesi sono così ben espressi che finiscono per appiccicarsi addosso allo spettatore con conseguenze non proprio felici (noia, sonno). Comunque come detto, la fotografia colorata e plastica (anche questa tipica degli anni 70) aiuta ad apprezzare un pochino di più il film.
Dal punto di vista etico rappresenta una pausa di riflessione nel processo di liberazione dei costumi borghesi. E' una specie di monito a non cedere troppo alle proprie fantasie interiori. Un eccesso di libertà e di sincerità può portare alla distruzione dei rapporti che legano due persone con conseguenze letali per terzi (vedi bambini). Certo che Bergman avrebbe saputo fare di meglio.