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VOGLIO LA TESTA DI GARCIA regia di Sam Peckinpah

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Invia una mail all'autore del commento NotoriousNiki     7½ / 10  24/05/2014 15:51:57Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Ricorda quei ritratti della carriera di Mann, di uomini violenti obnubilati dall'amore, la cui violenza si nasconde ovunque ed è una inesorabile spirale che li avvolge senza via di scampo. Come la scena dello stupro, una palese autocitazione, regia brutale per niente accorta ma Sam non lo è mai stato dopotutto, fotografia cupa, polverosa e sudicia, malsana come il ronzio delle mosche sul cadavere di Garcia nascosto in auto, riflette il periodo autodistruttivo di Peckinpah tra alcool e droghe e come un novello Malcolm Lowry e del suo dramma etilico lo ambienta e lo dirige in Messico.
Al di là delle traversie che vanno a minare la redenzione coltivata dall'amore e poi lo shock del vuoto post mortem, la cosa migliore è la scenografia di un Messico deformato, necrofilo, che fa da sfondo a questa discesa negli inferi lungo i gironi di una divina commedia.