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L'INFERNALE QUINLAN regia di Orson Welles

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stratoZ     9½ / 10  30/03/2024 18:55:03Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
ATTENZIONE POSSIBILI SPOILER

L'ennesima pellicola immensa di Orson Welles, nonché semplicemente uno dei noir più belli di sempre, considerato da una parte della critica come l'opera conclusiva del noir classico, in realtà, vedendo a posteriori quello che succederà, "Touch of Evil" lo considero l'apripista per eccellenza del neo-noir e di quella branca del poliziesco che poi si svilupperà nei decenni successivi, i numerosi elementi così avanti per il periodo lo collocano tra quelle opere senza tempo - come d'altronde altri diversi film dell'autore - basti vedere l'opposizione che fa al manicheismo, elemento abbastanza tipico del cinema americano classico, non creando più caratteri del tutto positivi o negativi, ma sfumando i personaggi, in particolare Quinlan stesso, è l'emblema di questa concezione, potrebbe essere rappresentato come il peggiore infame della terra, un cinico, viscido, rozzo, violento, egoista, coercitivo poliziotto, che però viene descritto comunque nella sua interezza pure nei lati positivi, che non sono evidenti, ma si scorgono saltuariamente, quasi come lo ying e lo yang, anche nel male c'è una puntina di bene, nel caso di Quinlan, la puntina di bene è l'innato intuito che nonostante tutto, lo porta ad avere ragione, allo stesso tempo vi è una buona componente empatica nei suoi confronti, vero che ne combina di tutti i colori, vero che è l'ultima persona che lo spettatore di questo film vorrebbe incontrare, eppure fa quasi tenerezza quando progressivamente i suoi più grandi difetti e il suo atteggiamento arrogante iniziano a mostrare un forte disagio di fondo. Quinlan vuole giustizia a tutti i costi, dopo anni è ancora adirato per l'omicidio della moglie, di cui l'assassino non è mai stato preso, non gli interessano i metodi, vuole a tutti i costi prendere il criminale sul quale sta lavorando, anche incastrandolo, un vendetta contro il resto del mondo per sfogare la disperazione che lo tormenta da quel momento, ha un minimo di consolazione solo quando va nella locanda di Tanya, sua vecchia amica - interpretata tra l'altro da un'altra grande stella del noir, tale Marlene Dietrich, ormai invecchiata parecchio anche lei e spogliata del fascino di femme fatale che l'aveva resa celebre - a bere tutta la notte, o magari anche per i giorni successivi, Quinlan è un relitto, che si mantiene a malapena in piedi, la condizione fisica è un riflesso somatico di quella psicologica, Welles approfitta della sua cattiva forma per riflettere semanticamente il significato, e caratterizza un personaggio incredibile.

L'autore esce fuori dalla classica narrazione, il film parte con un'omicidio, e una buona prima parte sembra avere il focus su di esso, in realtà andando avanti col minutaggio l'omicidio in questione sembra perdere sempre più valore, il centro del discorso non riguarda se il sospettato sia colpevole o meno, ma se Quinlan sia corrotto o meno, non c'è più bene contro male o legge contro criminalità, la lotta si fa interna, legge contro esponenti della stessa potenzialmente corrotti, il personaggio di Chalton Heston - l'uomo meno messicano del mondo - prima collabora, poi sospetta e alla fine incastra Quinlan, in questo gioco di parti che non prevede un ribaltamento delle posizioni, quanto uno scostamento dei concetti di giusto e sbagliato, Welles manda via tutta la divisività del cinema classico in un noir girato sotto grazia divina, potrei stare tutto il giorno a parlare di ogni singola sequenza e quanto caspita è girata bene, il pianosequenza iniziale ormai non è neanche il caso di citarlo, quanto è fatto bene tecnicamente e quanto riesce ad essere efficace a livello di pathos e tensione, ma vogliamo parlare dell'entrata in scena di Quinlan, con le tipiche inquadrature dal basso di Welles che fanno giganteggiare un soggetto già mastodontico di per se, una presenza ingombrante e quasi soffocante, carismatica e senza scrupoli. Poi si potrebbe parlare ancora dell'uso della profondità di campo, altro marchio di fabbrica di Welles, che già da tempo giocava molto anche col centro d'attenzione, mettendo azioni su più piani della stessa inquadratura - ad esempio quando Vargas parla al telefono e dalla vetrata si vedono Quinlan e il suo aiutante che gesticolano vistosamente - oppure l'uso straordinario della fotografia, non disdegnando l'uso di silhouette, momenti in totale buio in cui emerge solo la figura dei personaggi - quando Janet Leigh toglie la lampadina dopo i vari tentativi di stalking, ma anche alcuni frame finali vicino il pozzo petrolifero -, oppure l'uso intermittente delle insegne del motel, con Janet Leigh che due anni prima del suo film più celebre già iniziava ad averne pessime esperienze, il continuo uso di movimenti di macchina ad avanzare, crane, insomma Welles si diverte tanto con la camera, sbalordisce lo spettatore e crea momenti altissimi, rendendo "Touch of Evil" un'altra grande perla della sua filmografia, dall'influenza straordinaria, con un quartetto di attori di altissimo livello, una tensione quasi schiacciante e qualche scomoda domanda che riecheggia nella testa dello spettatore.

"So it turns out Quinlan was right after all."