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CRIMINI E MISFATTI regia di Woody Allen

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ULTRAVIOLENCE78     9 / 10  19/11/2007 21:11:56Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
"Crimini e misfatti" è un autentico capolavoro, che racchiude in sè disparati significati e temi e che è venato dalla solita amara ironia -qui più che mai elegante e raffinata- "alleniana", costituente il segno distintivo e la cifra stilistica del cinema del regista newyorkese.
Il personaggio interpretato da Allen, uno squattrinato e ignorato regista documentarista, rappresenta la visione disincantata di un mondo dominato da ipocrisie, bassezze, mediocrità, superficialità e ignoranza. Paradigma vivente di tale "weltanschauung" è lo pseudo-regista, nonchè cognato -nella finzione- di Allen, che invece è perfettamente collocato nel sistema hollywoodiano, in quanto portatore della retorica e delle tematiche spicciole destinate al consumo di massa, che tanto aggradano alla grande industria della celluloide.
Nonostante la disillusione, dettata anche da una vita coniugale contrassegnata dalla incomunicabilità e dalla monotonia, l'idealismo di cui è permeato il pensiero di un professore di filosofia, su cui Allen sta lavorando per un documentario, e l'incontro con la Farrow, dotata di una personalità intrigante e profonda, riaccendono la speranza nel bistrattato regista.
Parallelamente si svolge la vicenda drammatica di un medico newyorkese –il cui nome Judah è tutto un programma- il quale, ossesionato dal fondato timore che la sua amante possa mandare in frantumi la sua vita personale e professionale, decide di sbarazzarsene. Il tragico gesto determina inizialmente un lacerante senso di colpa e una profonda crisi di coscienza nel reo, che lo porteranno a rievocare il periodo della infanzia, quando nella sua famiglia si parlava quotidianmente dei temi legati alla religione ebraica (significativo è, a tal proposito, il ritorno nella casa dove viveva da bambino, che ingenera nell'attempato medico un flashback che rimanda a una sequenza di bergmaniana memoria -"il posto delle fragole"), e che troveranno il loro apice nella decisione, poi disattesa, di costituirsi alla polizia. Basterà, tuttavia, il pensiero di dover abbandonare tutti i lussi e tutti i privilegi acquisiti nel corso di una carriera all’insegna dell’arrampicata sociale a far desistere Judah da tale proponimento.
Sul versante opposto, l’abbandono da parte della Farrow che, in spregio alla sua anima colta e idealista, si piegherà alla volgare attrattiva costituita da una vita piatta e agiata, fidanzandosi proprio con quel mediocre regista in precedenza tanto biasimato; e la morte inopinata del professore (che decide di accomiatarsi dal mondo lasciando un sarcastico biglietto con scritto “sono uscito dalla finestra”) determineranno la ricaduta di Allen nella dura e degradante realtà, dove non c’è spazio per gli ideali e i sentimenti puri e dove tutto è mosso da vili esigenze e vili propositi.
L’incontro finale tra il medico e Allen rappresenta la summa delle riflessioni sottese al film: esso costituisce simbolicamente il prevalere del cinismo della società moderna sull’idealismo e sulla nobiltà d’animo, di cui è depositaria una categoria di soggetti che sembra quasi avviarsi alla estinzione.
Su tutti gli infimi personaggi che popolano questa pellicola si eleva la figura della nipotina di Allen: l’unica persona veramente matura, capace di comprendere, e alleviare, le pene di uno zio depresso e irrimediabilmente pessimista.