ilSimo81 6½ / 10 08/10/2014 15:16:38 » Rispondi Francis "Frank" White, dopo anni di galera, è deciso a riprendere le redini delle sue attività criminali, intenzionato a crearsi un impero economico che lo porti in una posizione politica dominante. Quest'ascesa lo porterà a capire, in fiumi di sangue, che non sarà facile sbarazzarsi di tutti i suoi nemici.
Abel Ferrara non è di apprezzamento facile né universale: vicoli bui, fotogrammi violenti, anime perdute. "King of New York" segue questa linea inconfondibile: le trame si snodano in territori degradati, nelle vie più oscure e luride della metropoli di bella facciata. I personaggi non sono prettamente buoni o spudoratamente cattivi: tutti, anche i cattivi, conoscono il "giusto" (Frank e i suoi sgherri hanno sempre un occhio di riguardo per i poveri del ghetto); tutti, anche i buoni, conoscono la "corruzione" (dei soldi, del potere, della violenza). In questo confuso valzer sulla linea tra giusto e sbagliato, ne vengono create definizioni applicate ad hoc e ad personam: ne viene un caos etico, morale, comportamentale.
In questa sanguinaria celebrazione di un'amoralità diffusa, in questa celebrazione di paradossi (un boss protetto da due donne? un "white" che si appoggia a gang di neri? un killer che fa beneficenza, un poliziotto che imbroglia?), si spreca il cast: potenzialmente fenomenale, ma obiettivamente evanescente. Si vocifera che spicchi Walken, ma i suoi picchi di carriera sono altrove.
E così il film si perde nel suo specchio. Non incide: rimane una storia fra tante.