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IL CATTIVO TENENTE regia di Abel Ferrara

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elio91     9½ / 10  22/05/2010 17:23:27Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
"Dov'eri andato? DOVE ***** ERI ANDATO?"


Lacerante lavoro sulla redenzione,forse il miglior modo di trattare l'argomento,con una violenza visiva e uno squallore degradante che non sanno per nulla di ipocrisia nè di banalità.
Difatti questo Cattivo tenente non è mai banale ed è girato magnificamente da un Ferrara che assomiglia nel modo di girare in maniera inquietante a Scorsese e anche le tematiche religiose e di salvezza sono tanto care ad entrambi. Ad ogni modo questo cult di Ferrara è un vero capolavoro sia per la storia, sia per la regia e soprattutto per un colossale Keitel.
Il regista non si risparmia mai,mostra continuamente senza timore e probabilmente si diverte pure a fare il "voyerista" esagerando per quasi tutto il film nel degrado e nelle situazioni sempre più nere.
Sta di fatto che così il film colpisce ancora di più nel segno e alcuni momenti sono indimenticabili grazie al loro simbolismo: la scena dello stupro della suora,con la statua della ******* buttata da parte,e poi quella fantastica del monologo in chiesa con un Keitel assurdamente magnifico.
Il protagonista è uno dei protagonisti più amorali della storia del cinema: burbero e distaccato con i figli,perverso,volgare,drogato,corrotto,puttaniere,maschilista.
Come sia arrivato a questo punto non è dato saperlo e neanche ci interessa,i pochi riferimenti ci vengono probabilmente dati dallo stesso tenente durante la sua "visione" in chiesa: dice di aver cercati di fare le cose giuste,ma di essere stato un debole.
è tanto perso nel vizio da essere ormai completamente alla deriva,sempre di più. Eppure la sua coscienza viene scossa in maniera determinante dopo uno stupro compiuto ai danni di una suora e cercherà dapprima vendetta,per poi cambiare questo sentimento nell'ultima ancora di una salvezza spirituale.
Probabilmente viene scioccato dallo stupro perché per lui rappresenta la violazione di qualcosa che considera assolutamente puro e sacro,una delle ultime cose pure rimaste.
Però non riesce neanche a concepire il perdono della suora,per poi successivamente farlo suo nella parte più bella e lacerante dell'intero film ovvero il dialogo/soliloquio in chiesa con Gesù. Keitel qui tocca l'apice,tra recriminazioni,insulti e richiesta disperata di aiuto (e disperata nel vero senso della parola,una disperazione che ti tocca profondamente). E deciderà di compiere il gesto che da un senso alla sua intera vita (morte),che lo "salverà" definitivamente,anche se il gesto che compie è per lui una decisione sofferta e difficile.
La morale del film parte solo inizialmente da una morale puramente cattolica per poi allargarsi a qualcosa di più profondo: Keitel è qui un Uomo,capace di autodistruggersi consciamente ma anche di riprendersi la sua moralità in mano,ottenendo una Redenzione che non parte da Cristo (che non gli parla neanche ma è un archetipo che immagina solo nella sua mente) ma da lui stesso.
Essenzialmente alla fine non c'è una salvezza assoluta,anzi è un finale conforme a tutto l'andamento di questo capolavoro disperato e pieno di lamenti (quelli di Keitel fanno male al cuore).
Ma c'è da dire che è un finale che nella sua passività è anche la Redenzione di un uomo che decide di compiere l'unica scelta Cristiana e moralmente giusta della sua vita,non per lui ma per qualcun altro.
La richiesta d'aiuto e di perdono che Keitel fa solo a sè stesso in chiesa è finalmente raggiunta.