caratteri piccoli caratteri medi caratteri grandi Chiudi finestra

LEONARD COHEN - I'M YOUR MAN regia di Lian Lunson

Nascondi tutte le risposte
Visualizza tutte le risposte
Ciumi     8 / 10  14/08/2009 20:10:12Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
I primi significativi contatti con la poesia non li ebbi con le pagine scritte. La udii un giorno, provenire dalla stanza di mia sorella, con voce cavernosa e penetrante, accompagnata da una musica a quel tempo - per me abituato ad ascoltare, persuaso dai miei compagni, il rock duro - ridicola e antiquata. Fu uno dei soliti ascolti stagionali di mia sorella. Presto dalla sua camera non s’udì più quella voce. A prenderle il posto fu una di quell’altre robe che non ricordo. Ma era meglio così, ora quella voce poteva essere tutta nostra, mia e di mio fratello. Comprammo come prima la stessa cassetta che avevamo sentito dalla stanza di nostra sorella: “Volume 3”, di Fabrizio De Andrè. Adesso era lì, dentro la nostra cameretta, un qualcosa che poteva essere nostro e di nessun’altro. I testi erano bellissimi. La musica non più ridicola né affatto antiquata. Anzi era la cosa più attuale e vicina a noi. Acquistammo, uno dopo l’altro, tutti i dischi di quel grande poeta.
Solo più avanti ci accorgemmo di certi nomi. De Andrè ne aveva tradotto alcune canzoni. Il primo fu Brassens, e ci innamorammo nuovamente. Del secondo, invece, c’erano appena due canzoni, “Suzanne” e “Giovanna D’Arco” (solo in seguito scoprimmo altrove la bellissima “Nancy”) che però non ci piacquero particolarmente. Passò altro tempo. Alla radio udimmo un giorno una canzone molto dolce e triste, ci dicemmo: “Non è mica quel tipo che aveva tradotto De Andrè?”
Quel tipo era Leonard Cohen, la canzone, bellissima nella sua lingua inglese, “The Stranger Song”. Ancora una volta, ci innamorammo…

Ieri ho visto questo documentario, elegante, accogliente, delicato come una coperta e caldo come una tazza di buona cioccolata (peccato che si è in pieno agosto)… ho ascoltato le canzoni interpretate dai vari artisti, la voce pacata e profonda di quello straordinario monaco damerino che si raccontava... e mi cullavo, e m’assorgevo nei miei ricordi…