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AL DI LA' DELLA VITA regia di Martin Scorsese

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kafka62     8 / 10  07/04/2018 10:32:54Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
"Salvare una vita umana ti fa sentire per un momento come Dio": è questa l'ossessione di Frank Pierce, stressato conducente di ambulanze nell'inferno notturno di New York, e quella dei suoi non meno nevrotici compagni di turno. Il lavoro è duro, insopportabile, ma è anche una droga che dà euforia, un pretesto per sfogare tentazioni superomistiche, istinti sadici e perfino fanatismi misticheggianti di personaggi che si trovano perennemente sull'orlo della crisi di nervi o, peggio, della follia. Frank è come il Travis Bickle di "Taxi driver", un sopravvissuto che si aggira di notte per le strade di New York per sfuggire ai fantasmi che lo perseguitano, e che così facendo diventa preda di altri più temibili fantasmi, senza alcuna via d'uscita e di salvezza (quasi una metafora della tossicodipendenza). In più, la sceneggiatura di Schrader accentua il simbolismo del personaggio e lo trasforma in una sorta di Cristo sofferente, muto testimone dell'angoscia e della nevrosi metropolitana, che invano cerca di caricarsi sulle spalle tutto il dolore del mondo. Le citazioni che in qualche modo richiamano la Sacra Scrittura sono molteplici: i tre giorni in cui si svolge la storia (gli stessi della Passione), la tentazione nel paradiso artificiale della droga (non a caso chiamato "l'oasi"), il parto della ragazza che il compagno giura essere vergine, il pusher crocefisso sulla ringhiera, l'abbraccio finale con la ragazza (Mary-Maria) che assomiglia a quello della Deposizione tramandatoci dall'iconografia classica. Ma questo Cristo moderno, che ha il volto allucinato e sconvolto di Nicolas Cage, trova provocatoriamente la sua ragion d'essere, e forse la sua liberazione, non in un atto di salvataggio (il miracolo, la resurrezione, riesce solo al suo esaltato compagno di viaggio per il quale ogni occasione è buona per invocare Gesù), bensì in un gesto di morte, quando stacca la macchina che teneva in vita il padre di Mary. E' un messaggio forte a favore dell'eutanasia, ma è ancor di più la disperata presa di coscienza che forse non vale la pena di rincorrere a tutti i costi la vita in un universo che si è già "suicidato" con la droga, la violenza e la prostituzione.
"Al di là della vita" è un film angosciante e assurdo, cupo e claustrofobico, senza altre luci che non siano i neon delle insegne e i lampeggianti dell'ambulanza, un film che Scorsese dirige con mano sicura (e qualche raro accenno di maniera) tra rallentamenti e accelerazioni improvvise, un montaggio frenetico e una colonna sonora come sempre determinante nel creare il climax emotivo. A fare la differenza è, ancora una volta, Paul Schrader (senz'altro migliore come sceneggiatore che come regista in proprio), che racconta l'ennesimo, affascinante percorso cristologico di sofferenza e redenzione nel girone infernale della Grande Mela, dove l'ospedale di Nostra Signora della Miseria è altrettanto raccapricciante dei sordidi bassifondi della città e dove la speranza, se esiste, ha il volto spettrale della morte.
Effeverde  26/04/2020 17:41:12Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Col tuo commento, sei riuscito praticamente a esplicare il film meglio di quanto abbia fatto Scorsese stesso. Per me rimane uno dei suoi meno riusciti, la mia opinione a riguardo non cambia ma ti faccio i miei complimenti.