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LA CONGIURA DEGLI INNOCENTI regia di Alfred Hitchcock

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amterme63     7½ / 10  07/02/2009 18:34:13Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Questo film mi ha lasciato alla fine molto perplesso. Non sapevo come interpretarlo. Non so se si tratta di una critica, di una satira del mondo piccolo borghese rurale americano o se si tratta addirittura di un omaggio affettuoso. Fatto sta che è un film fuori del comune nella filmografia di Hitchcock, anche se bisogna dire che in quel periodo piaceva tanto al Maestro provare nuove mescolanze di stili. Qui domina un’atmosfera poco drammatica e la suspence si concentra in pochissime scene. Non ci sono poi attori di grido. Il fatto delittuoso è trattato quasi sullo sfondo, come qualcosa di importanza relativa, una specie di scusa per tratteggiare quasi con simpatia un mondo chiuso in sé, in ogni caso molto convezionale. Ed è forse l’eccessiva convenzionalità e quasi l’astrazione con cui vengono trattate le persone ciò che lascia molto perplessi. Non si sa alla fine se ciò serve per criticare, prendere in giro o se vuole fare apparire tutto come qualcosa di ideale, da imitare. Può darsi che siano anche tutti e due gli atteggiamenti in contemporanea ad animare il film e alla fin fine il difetto può diventare il pregio di lasciare libero lo spettatore di interpretare il film come gli pare.
Le prime scene lasciano di stucco. Un morto per terra in mezzo a un paesaggio autunnale bellissimo con gli strani abitanti della zona che gli passano accanto e lo trattano con estrema indifferenza. Si rimane a bocca aperta. Mamma che satira crudele che fa Hitchcock dell’ambiente piccolo borghese campagnolo americano, viene da pensare. Il corso del film smentisce però ampiamente questa impressione iniziale. Intanto il regista stesso si disinteressa quasi del morto, non viene mai mostrato in faccia e sappiamo di lui solo il poco (negativo) ci racconta la ex moglie (la bella Shirley MacLain al debutto) e una matura signora minacciata di stupro (!?). Ci si stacca mentalmente da lui, anche a noi non ce frega niente che sia morto, anzi ne siamo quasi contenti. Ci si concentra invece su questi strani abitanti della campagna, trattasi sì con molta ironia, ma alla fin fine quasi con affetto e benevolenza. Sono strani, cerimoniosi, un po’ opportunisti ma sono in fondo buoni, modesti, in ogni caso gelosissimi dello loro “tranquillità”, della loro routine e fanno di tutto per tenere il mondo esterno lontano da loro (il morto è visto come un disturbo, una noia). Anche l’ironia a piene mani che viene usata nei loro confronti (non fanno altro che sotterrare e dissotterrare il morto) non fa altro che renderli più simpatici e divertenti. Gente strana ma tutto sommato innocua.
Peccato, perché questo eccessivo idealismo e la zuccherosità finale rovinano una storia che era nata con intenzioni molto più “cattive” e disvelatrici. Rimane infatti l’ombra dell’indifferenza iniziale e il fatto che tutti in fondo hanno desiderato il delitto. Insomma Hitchcock si adegua volentieri alle convenzioni dell’epoca ma non rinucia comunque a farci intravedere che forse non è tutto oro quello che luccica.