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REBECCA, LA PRIMA MOGLIE regia di Alfred Hitchcock

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stratoZ     9 / 10  15/02/2024 12:52:53Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
ATTENZIONE POSSIBILI SPOILER

Quando si parla di Hitchcock, ammetto, in me viene a mancare un po' di obiettività, vuoi per l'effettiva qualità delle pellicole, vuoi per la costanza e il grande numero di opere riuscite nella sua prolifica filmografia, vuoi per il legame affettivo e la mia adorazione dato che è stato uno dei primi autori che ho approfondito per bene, insomma ci sta che il mio non sia un voto del tutto obiettivo, lo ammetto, ma io questo film lo adoro.
Siamo nel 1940 e Alfred e famiglia si sono appena trasferiti ad Hollywood, per fuggire dalla guerra in Europa, Rebecca rappresenta quello che è il suo primo film in terra americana.

Rebecca è un film coerente con le sue tematiche e il suo stile, e in parte anche un apripista per alcune sue opere in futuro, tirando in ballo diversi elementi, come quello del doppio, introducendo una location vetusta, piena di fantasmi del passato, in cui la memoria e la morte prevalgono sul presente, diciamo che si potrebbe parlare di uno dei film considerati "cupi" di Hitchcock, un cupo inteso come lontano dall'umorismo che emerge in altre sue pellicole, uno di quelli pervasi dal pessimismo e dalla disillusione, dal senso di colpa e dal rimpianto, in particolare il confronto più adatto tra le pellicole del maestro è quello con "Vertigo", di cui questo film potrebbe essere un lontano predecessore.

L'opera si divide principalmente in tre parti:

La prima, quella ambientata a Montecarlo, ha un'impronta da dramma sentimentale, sebbene abbia una durata discretamente corposa serve quasi come incipit per contestualizzare i personaggi e il loro nascente amore, fin da subito si vedono le attitudini dei caratteri, la giovane e ingenua Joan Fontaine, di cui non ci diranno mai il nome - altra trovata niente male, per mettere sempre in primo piano Rebecca - che si innamora del più maturo e ricco Max De Winter, uomo disilluso e ancora sofferente per la perdita della prima moglie, appunto Rebecca, l'anno precedente, questa prima parte non offre grandi sussulti, se non qualche alto e basso, è trattata un po' col pilota automatico fino alla proposta di matrimonio che sarà il momento di svolta del film con la nuova moglie che verrà invitata a vivere a Manderlay, nel lussuoso castello dei De Winter.

La seconda parte, la mia preferita, è l'ambientazione della nuova moglie al castello, qui emerge tutta la potenza registica di Hitchcock, tutta la solenne, morbosa e inquietante atmosfera di ricordi e morte di cui il film è pervaso, fin dalla splendida entrata in scena di Mrs. Danvers con quella inquadratura della servitù in cui appare prepotentemente dalla sinistra dello schermo in tutta la sua austera inquietudine, uno dei personaggi più memorabili del cinema di Hitchcock che almeno in questa parte monopolizza la pellicola con i suoi comportamenti sempre più ambigui e il suo neanche troppo latente disprezzo per la nuova Mrs. De Winter, da manuale alcuni momenti, ad esempio dopo la festa in maschera, dopo che aveva spinto la signora De Winter a vestirsi come Rebecca, con lei disperata per il malumore del marito al riguardo, con quel piano a due alla finestra in cui la esorta a farla finita e lo sguardo quasi mefistofelico, straordinario, così come l'alternanza di inquadrature che Hitchcock ci regala con la soggettiva della Fontaine che guarda di sotto come volesse farla finita. Un personaggio quasi onirico, che si aggira in casa come uno spettro - un'altra trovata registicamente fantastica è quella di usare una veste più lunga del solito a coprire i suoi passi, come lievitasse, esattamente come gli ectoplasmi, poi tutta vestita di nero - come se assieme a Rebecca, alla quale era legatissima, fosse morta anche lei, ma comunque è destinata a restare incatenata in quella casa a vedere la nuova moglie del proprietario prendere il posto dell'ammirata Rebecca, oppure vogliamo parlare quando la Fontaine entra la prima volta in camera di Rebecca? Con Mrs. Denvers dietro la tenda velata che si vede quasi come silhouette, con quell'atmosfera funerea, con tutti gli oggetti rimasti esattamente come prima della morte di Rebecca e gelosamente custoditi dalla governante.
Ma non è solo lei, in realtà tutto in quella casa sembra essere ancora ancorato a Rebecca e al passato, dagli arredamenti, scelti da lei, agli stessi ospiti e familiari che continuano a parlare di Rebecca, elogiarla, fare paragoni, qui magari si inserisce un piccolo sottotesto antiaristocratico, con questi ricchi nobili che trattano con sufficienza la nuova moglie perché di umili origini.
E poi c'è anche la performance della Fontaine, straordinaria, per tutta questa parte centrale è una donna piena di dubbi e lancinata dal continuo confronto con Rebecca, continuamente sottostimata e che non si sente mai all'altezza della gloria e popolarità di Rebecca, non si sente amata neanche dal marito, alcuni suoi primi piani sono straordinari, Hitchcock cattura tutto il sentimento e fa trasparire attraverso la sua interpretazione un'empatia impagabile.

La terza parte, si dedica molto di più alla narrazione, passando al puro thriller, dopo uno spiegone bello lungo di Olivier che stravolge totalmente le carte in tavola, avviene la parte più investigativa/giudiziaria a causa del ritrovato Panfilo con cui era annegata Rebecca e il nuovo corpo recuperato, che faranno emergere dei sospetti nelle autorità, ecco questa parte si concentra principalmente nel chiarire tutti gli aspetti della vicenda, anche allo spettatore, rinunciando un po' alle atmosfere lugubri della parte centrale e andando nelle aule dei tribunali e nei vari luoghi ad interrogare i testimoni della vicenda, qui la sceneggiatura mostra una grande solidità, chiarendo ogni aspetto e anche riservando dei colpi di scena per nulla banali, soprattutto per un film dell'epoca, le rivelazioni del personaggio di Olivier cambiano totalmente la prospettiva del rapporto tra lui e la moglie, fanno emergere i sensi di colpa e la rabbia repressa, i resti di una vita fin troppo influenzata dalla mastodontica importanza di una persona che pur non vedendosi neanche per un secondo nella pellicola, diventa una presenza estremamente ingombrante.

Nello splendido finale arriva il climax dell'ossessione per Rebecca, con le fiamme che svolgono quasi una funzione purificatrice e liberazione di Mrs. Denvers, che finalmente si ricongiunge alla tanto ammirata donna. Non prima che però Hitchcock ci abbia regalato un'altra sequenza visivamente straordinaria come il volto di Mrs. Denvers che si avvicina a Mrs. De Winter solo con la candela in mano, in mezzo al buio, un gioco di luce che esalta l'inquietante e morbosa espressione della governante, altro momento da brividi.

Hitchcock firma così uno dei suoi primi capolavori, di sicuro uno dei lavori più suggestivi - suoi ma direi in generale della Hollywood classica - scenografato, fotografato, interpretato e diretto splendidamente, che si trascina quel fascino austero e vetusto e che influenzerà, specialmente nello stile diverse pellicole del genere, magnifico.