Dom Cobb 5 / 10 17/06/2018 00:11:21 » Rispondi Una giovane donna ingaggiata come compagna di un'anziana signora, si imbatte nel misterioso nobile Maxim de Winter, vedovo della prima moglie Rebecca. I due presto si innamorano e convolano a nozze, per poi decidere di stabilirsi nella villa di Maxim, Manderley. Lì, la donna dovrà confrontarsi con lo spettro ancora ben vivo della prima moglie... Con "Rebecca", il futuro maestro della suspense Alfred Hitchcock sforna la sua prima opera prodotta in America dopo il trasferimento dall'Inghilterra, e il suo successo, coronato dall'Oscar per il miglior film di quell'anno, lo consacrerà al pubblico internazionale in un modo che il suo operato in patria non aveva mai potuto, inaugurando di fatto la stagione cinematografica più famosa e ancora oggi più ricordata del maestro. Membro di ogni lista delle migliori pellicole americane di sempre e menzionato spesso fra i massimi esempi della filmografia di Hitchcock, ancora oggi viene ricordato con affetto come uno dei suoi prodotti formalmente e narrativamente più impeccabili. E' evidente che mi sfugge qualcosa visto l'amaro in bocca che mi è rimasto a fine visione, e ad essere onesti già molto prima. Il problema principale del film è bipartito: innanzitutto c'è la storia, che di per sé sulla carta suona come una gran bella premessa per un dramma psicologico di tutto rispetto, ma che poi nei fatti non riesce mai a svilupparsi in un modo interessante. Vengono sfiorati numerosi spunti senza però concentrarsi veramente su nessuno, come se la sceneggiatura fosse incerta su quale piega prendere e avesse deciso così di fare un po' di tutto, addirittura finendo per cambiare completamente genere nella seconda parte.
All'inizio è una commedia romantica, fra un uomo disadattato e una donna servile e remissiva, poi un dramma dalle tinte noir, e infine col ritrovamento del corpo di Rebecca veniamo catapultati all'improvviso in un dramma giudiziario, con tanto di villain viscido e ricattatore dell'ultimo momento, comunque ben interpretato da George Sanders.
Le divagazioni della trama impediscono al film di ingranare il ritmo, che così rimane per lo più abbastanza letargico, e ci si trascina lentamente fino a un finale uscito fuori dal nulla, che più che una conclusione pare un'interruzione visto che non porta a compimento nessuno dei vari spunti aperti nel corso della storia. Un climax frettoloso, in seguito al quale non si ha la più pallida idea di dove si volesse andare a parare.
Perciò, la villa va a fuoco e la serva sinistra rimane a bruciare al suo interno, e il tutto non provoca la benché minima reazione da parte dei due innamorati; o meglio, per quanto ne so potrebbero anche aver reagito, se non fosse che il film non da mai veramente peso alla loro reazione. In che modo questo finale ha fatto crescere i protagonisti, come li ha cambiati rispetto a prima? Non lo sapremo mai.
A questo si aggiunge però il crimine più grande, che già dopo i primi venti minuti ha cominciato a darmi sui nervi e ad abbassare il gradimento della pellicola fino a rendere la visione quasi insopportabile. E purtroppo, quel problema è la protagonista. Nulla da eccepire sull'interpretazione di Joan Fontaine, bella e capace, ma il suo personaggio è quanto di più odioso si possa concepire: timida oltre l'inverosimile, paurosa e remissiva, e soprattutto passiva. Ogni momento lo trascorre a comportarsi come una serva in casa sua, a scusarsi per ogni nonnulla e a indietreggiare o esitare come una bambina di cinque anni che si aspetta di essere sculacciata da un momento all'altro solo per aver sollevato lo sguardo. Un personaggio simile, fonte di piagnistei e lamenti continui, diventa presto una tortura, al punto che viene da chiedermi se i detrattori delle principesse Disney abbiano mai visto questo film e la sua protagonista, di gran lunga peggiore di qualsiasi cosa le fiabe disneyane abbiano mai offerto. Con queste premesse, il film non può far altro che crollare: a nulla serve un cast di tutto rispetto, fra cui spiccano Laurence Olivier, tenebroso senza però essere sgradevole, l'inquietante Dame Judith Anderson e il viscido George Sanders; a nulla serve la splendida fotografia di Gregg Toland, e quella serie di squisite immagini gotiche che è la villa di Manderley. Se non funziona la storia e non funziona la protagonista, tutto il resto ha un'importanza marginale. Il grande debutto di Hitchcock e l'inizio del suo vero, grande Cinema si è rivelato un'autentica delusione.