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IL GRANDE SOGNO regia di Michele Placido

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Invia una mail all'autore del commento pompiere     5½ / 10  18/11/2010 16:14:20Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Un ex operaio e un ex poliziotto hanno unito le loro forze per ideare e scrivere la sceneggiatura del loro "grande sogno", quel periodo a cavallo del '68 che ha coinvolto la vita di molti tra rivolte studentesche, repressioni borghesi e aggressioni da parte delle forze dell'ordine. Quegli ex si chiamano Angelo Pasquini, all'epoca leader di Potere Operaio, e Michele Placido.
Un moto di solidarietà, votato alla riconciliazione, li ha convinti a mettere in scena una storia che parla, per l'appunto, di un poliziotto con aspirazioni d'attore (Scamarcio) infiltrato nelle aule romane dell'Università di Architettura, una ragazza di famiglia agiata (Jasmine Trinca) che si infiamma alle nuove contestazioni sessantottine, e di uno studente lavoratore (Argentero) impegnato in prima linea nella rivolta contro le guerre e nel rinnovamento dei diritti studenteschi.

Niente di tutto questo ha favorito un film memorabile che potesse rinverdire i fasti del leggendario cinema italiano di impegno civile. Nessun Rosi ne' Petri all'orizzonte, nonostante una discreta tecnica registica. Solo una meditazione neanche troppo approfondita su quel periodo che sconvolse l'Italia, sospesa tra la baruffa tout-court (gli assalti della polizia ricordano sconvenientemente quelli del G8 di Genova) e i primi pruriti dovuti al cosiddetto amore libero.
Trascinato in una brusca involuzione dopo il bel "Romanzo criminale", Placido forse si è affidato troppo all'istinto e all'emotività autobiografica, venendo risucchiato da una serie di assemblee scolastiche non troppo incisive e moderatamente didascaliche, così come semplicemente dottrinali rischiano di essere i brevi intermezzi storici con i filmati di Nixon, del Vietnam, di Che Guevara e di Martin Luther King. L'autore voleva far emergere l'impulso chimerico, la battaglia per l'emancipazione studentesca, familiare e sessuale, il lirismo popolare fatto per i popolani, invece si aggroviglia su una storia dalle molteplici intelaiature e su personaggi che non bucano lo schermo.

Data l'imbranataggine di alcuni di loro e dei dialoghi che contraddistinguono le loro apparizioni, a volte sembra di assistere a una farsa in stile "Donne, botte e bersaglieri".
Viene meno la credibilità: volendo creare empatia a tutti i costi, non si è osato abbastanza (magari potendo fare a meno dello scontato triangolo amoroso e di "Romeo e Giulietta"?) per farci capire quanto quel periodo sia stato importante per la sua grande capacità di far nascere capiscuola e dottrine, prima che arrivasse l'angoscia degli anni di piombo. Per fortuna l'interpretazione della graziosa Jasmine Trinca è lodevole, mentre gli uomini sono tutto sommato passabili.