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IL GRANDE SOGNO regia di Michele Placido

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alphaville     4 / 10  12/09/2009 21:31:57Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Un'occasione completamente sprecata: sulla carta il film aveva grandi potenzialità (l'idea di raccontare il '68 attraverso una sorta di "Jules e Jim" venato dell'autobiografismo del regista che poteva far presagire una rappresentazione venata di passione e di sincerità, l'idea narrativa ingegnosa del poliziotto pugliese infiltrato all'università che fa scattare il triangolo amoroso), ma le spreca una ad una con autolesionistica meticolosità. La contestazione viene raccontata con una piattezza narrativa che rende noiose e prive di qualsivoglia pathos e mordente anche le situazioni in teoria più interessanti: l'occupazione è rappresentata senza la minima inventiva, e per delineare la disgregazione di un nucleo familiare scosso dai fremiti dei tempi nuovi è stato probabilmente scelto il modo più banale e scontato che si potesse immaginare, con personaggi così privi di rilievo e situazioni talmente "telefonate" da risultare incapaci di trasmettere la minima emozione. Tutto scorre in maniera meccanica e priva di sussulti, quasi come in una fiction televisiva a mò di bignami sul '68. Il difetto principale è probabilmente costituito da una sceneggiatura che pare scritta da un terzetto di autori in preda al blocco dello scrittore: incapacità totale di costruire una buona macchina narrativa che vada al di là del semplice, paratattico accostamento di brevi scene spesso neppure consequenziali; dialoghi di una banalità sconcertante, essendo costituiti per metà da slogan e citazioni affastellati a casaccio senza alcun criterio estetico e per l'altra metà da frasi puramente funzionali ossessivamente presenti ("è andato a Torino", "cerco un alloggio", "vado a trovare papà", "per quella cosa possiamo fare anche domani", "basta con questa storia della non violenza", eccetera) il cui denominatore comune è l'assenza di autentico valore espressivo e di ogni sia pur timida originalità (paiono una copia carbone delle ultime sceneggiature, già di per sè tutte simili tra di loro, di Rulli e Petraglia); scene importanti tirate via con approssimatività incredibile, bloccando immancabilmente lo sviluppo narrativo ogniqualvolta il racconto minacciava di suscitare una reale emozione; una frettolosità generale di svolgimento che denota una notevole mancanza di interesse per la costruzione artistica del racconto che vada al di là del montaggio delle singole inquadrature o di qualche scelta di illuminazione particolare.
E' un peccato perchè qua e là si avvertono le numerose occasioni di creare sequenze non banali, cariche di tensione e di ambiguità, che il soggetto avrebbe largamente consentito e perchè la regia tutto sommato non è malvagia, ad esempio la sequenza di Valle Giulia (quando gli interpreti non parlano) possiede una dinamicità piuttosto ben costruita ed interessante, ma a che serve se non si rappresentano vicende e personaggi capaci di trasmettere all'anima dello spettatore, con i mezzi propri dell'arte, un minimo della complessità di quell'esperienza storica, sociale, umana e culturale?