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LA DOLCE VITA regia di Federico Fellini

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ULTRAVIOLENCE78     8½ / 10  15/02/2008 15:20:49Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Pellicola che rappresenta, stilisticamente, il passagio di Fellini dalla fase neorealista a quella surrealista, portando in sè elementi e dell'una e dell'altra corrente.
Il film si incentra sul viaggio di Massimo, giornalista di una testata scandalistica la cui vera ambizione è quella di scrivere un romanzo, all'interno della "dolce vita" romana, allo scopo di registrarne gli eventi e i fatti più significativi e salienti. Ma quello che scopre, al di là della patina sfavillante e tutta specchi e lustrini di questo mondo ai nostri occhi così lontano e irreale, è una dimensione fatua, artificiosa, infima e bieca, dominata da ipocrisie, opportunismi, ma anche da tanta mestizia e dolore per la perdita (consapevole e non) della naturalezza e della spontaneità dei rapporti umani, presenti invece nelle realtà sociali più umili. Il settimo giorno coinciderà con la presa di coscienza, da parte di Massimo, di questa perdita, testimoniata emblematicamente dalla sua incapacità di comunicare con una innocente ragazzina conosciuta precedentemente, ma di cui non riconosce il volto e non ode le parole.
Invia una mail all'autore del commento wega  24/05/2008 20:33:26Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
sarò sincero, io questo finale senza leggerlo qui non l'avrei mai capito...ma mi ha trasmesso ugualmente un'emozione, inspiegabile..non so, forse l'interpretazione di Marcello, ma ha qualcosa di speciale a prescindere quella sequenza, che tu la capisca o meno.
Comunque, di quale fase neorealista stai parlando?
ULTRAVIOLENCE78  24/05/2008 21:07:24Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Mah, io sono del parere che le opere d'arte non vanno capite ma interpretate sulla scorta delle impressioni che suscitano in noi: chiunque può leggerle a modo proprio, salvo palesi travisamenti.
Quanto alla fase neorelistica, mi rendo conto che è un pò una forzatura parlare di neorealismo in Fellini, dato che questi ha sempre lavorato nella direzione del suo superamento. Il mio era più che altro un modo di alludere a quel periodo, relativo ai primi 3 film -in particolare "I vitelloni"- in cui si sentiva di più l'influenza di quella corrente cinematografica nella produzione del regista di Rimini.