Dom Cobb 8 / 10 26/01/2019 19:20:51 » Rispondi Il film segue l'errare del giornalista Marcello Rubini in lungo e in largo per Roma, mentre fra scottanti relazioni extraconiugali, incontri con divi del cinema, segrete ambizioni di diventare scrittore e frequentazioni dei luoghi dell'alta società, riceve un assaggio della "dolce vita"... Finora non sono rimasto particolarmente impressionato dalla filmografia di Fellini, un fatto che dichiaro con un po' di rammarico, visto che speravo non meno di meraviglie da quello che viene indicato come uno dei massimi esponenti del Cinema non solo in Italia, ma nel mondo. E ad essere onesti, non pensavo che questo film avrebbe cambiato le cose, considerata la sua reputazione di film d'autore dai toni alquanto astratti ed espressionisti, che non sono mai stati veramente di mio gusto. Invece, contro ogni aspettativa, "La dolce vita" si è rivelato finora non solo il mio preferito di Fellini, ma anche il primo suo film che mi sia effettivamente piaciuto. Trattandosi di una prima visione, c'è un limite alle considerazioni filosofiche o tematiche che posso fare, ma cominciamo con ordine: innanzitutto, è sul lato tecnico che il film sorprende. Non solo la fotografia in bianco e nero è nitida e, in mancanza di un termine migliore, sgargiante nei contrasti bianco-nero e nelle soffuse tonalità di grigio, ma essa riesce anche a valorizzare certi set che contribuiscono alla creazione di un'atmosfera vagamente irreale e sognante.
Il parcheggio dell'ospedale, dove Marcello porta la moglie per farla curare, pare un set uscito da "2001: Odissea nello spazio" di Kubrick, con otto anni di anticipo.
La costante meraviglia a livello visivo riesce a non far calare l'interesse per quello che è essenzialmente una serie di episodi, atti a descrivere luci ed ombre di quella parte benestante della società cui la gente comune aspira a far parte; certo aiuta anche la maschera di Marcello Mastroianni, perfetto nel ruolo della persona comune, cui riesce comunque a conferire un innato carisma. A lui si affianca un gruppo di affiatati caratteristi in parti secondarie e apparizioni completamente inaspettate,
Nell'episodio famigerato con la Ekberg fa una comparsata perfino il mitico Adriano Celentano, con tanto di annessa esibizione rock.
sebbene in fin dei conti Mastroianni sia l'unico a lasciare un'impressione duratura. Oltre a questo, la sensazione di irrealtà, serpeggiante dall'inizio alla fine e solo di rado messa in primo piano, riesce a vivacizzare un ritmo forse un po' troppo lento, così come un sagace utilizzo di metafore e simbolismi la cui interpretazione può variare da persona a persona e di cui mi sento in dovere di menzionare giusto la scena finale, che mi ha colpito in modo particolare.
Nella scoperta della manta morta e nell'incontro casuale con la ragazza del piccolo bar visto in precedenza, le cui parole Marcello non riesce a sentire, potrebbe esserci una critica alla superficialità di un mondo, quello dell'alta società appunto, caratterizzato da uno stile di vita elegante al di fuori ma morto dentro, privo della semplicità e bellezza della gente comune. Marcello, qui in compagnia dello stesso gruppo con cui ha partecipato all'orgia per tutta la notte, ne è ormai del tutto assuefatto e non riesce più a sentire-percepire quei valori incarnati dalla ragazza che sta dall'altra parte del fiumiciattolo.
Tanti lati positivi riescono a riscattare un ritmo forse un po' lento e una durata francamente eccessiva, che ho cominciato a sentire principalmente nell'ultima mezz'ora. Non dico che avrebbe fatto bene una sforbiciata, ma forse accorciare ogni segmento di un paio di minuti avrebbe giovato alla resa finale; ma anche così mi ritengo soddisfatto. Film del genere non è facile farmeli piacere, ma questo contro ogni aspettativa ci è riuscito, e di per sé è già un successo. Oltre a questo, è riuscito a darmi un'esperienza unica e affascinante, e anche qualche spunto di riflessione. E' ancora presto per me chiamarlo un capolavoro, e forse finirà per essere uno di quei film che non sentirò il bisogno di rivedere spesso; ma che una qualsiasi opera sia in grado di arrivare a tanto è sicuramente degno di nota.