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IL MONELLO regia di Charles Chaplin

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amterme63     9½ / 10  24/09/2008 00:07:27Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Un matrimonio a rotoli, l’ispirazione che sembra esserne andata, il primo figlio nato malforme e morto dopo pochi giorni: questo era lo stato depressivo in cui si trovava Chaplin nell’estate del 1919. Eppure dal dolore è riuscito a trovare l’ispirazione per uno dei più bei film che siano mai stati girati. Vedere per caso un bambino di 5 anni (Jackie Coogan) recitare a teatro con grande maestria e spontaneità, lo deve aver riportato ai tempi della sua infanzia. All’improvviso si rese conto della grande potenzialità di una storia che mescolasse il buffo e il fantasioso con il grande attaccamento affettivo che in genere si ha verso i bambini. Nacque così The Kid (Il monello).

Durante le riprese, durate quasi un anno, Chaplin capì che questa era la sua prima vera opera di impegno artistico e dedicò molta cura nella realizzazione. Affinò molto l’uso di risorse sia tecniche che di contenuto. Questo è il film che ha il maggior numero di primi piani, vengono usati accostamenti simbolici, la recitazione è più curata e il ritmo più lento. La figura stessa del vagabondo si trasforma completamente: non è più una buffa macchietta tutta mossette e ingegno fino, adesso diventa una persona complessa con i suoi pregi e i suoi difetti, legata da affetto profondo verso un bambino.

Se si deve processare Chaplin per sentimentalismo, il capo di accusa è senz’altro questo film. Ci sono lacrime, scene strazianti di separazione, abbandoni di neonati, riconoscimenti casuali, il lieto fine, insomma tutto l’armamentario dei polpettoni lacrimosi del XIX secolo. Io mi sento di assolverlo da questa accusa. Dentro queste vicende un po’ artificiose ci sono dei sentimenti veri, espressi con molta intensità e spontaneità con inquadrature brevi, quasi dei lampi. Tutti ci possiamo riconoscere in questi episodi. Chi non si è affezionato ad un bambino? Chi non ha sofferto per la separazione da una persona cara? Questo film è secondo me una delle cime dell’arte di Chaplin. Riesce a toccare il cuore con semplicità, nel dolore e nella letizia. Ridere e piangere non sono fini a se stessi, ma un’esperienza per arricchire il proprio animo. Il messaggio poi è chiaro: nell’infanzia di un bambino ciò che conta non è il benessere materiale o la dirittura “morale” di chi lo cura, ma quanto amore può ricevere.

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