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L'ULTIMA ONDA regia di Peter Weir

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Invia una mail all'autore del commento agentediviaggi     7 / 10  20/05/2007 11:13:14Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Peter Weir: ovvero il conflitto tra natura e cultura (o tra istinto creativo e educazione coercitiva come nell'Attimo fuggente). Come tutti gli autori anche Weir ha un suo tema preferito che riporta con ossessione in tutti i suoi film, soprattutto la sua stagione australiana. Onestamente mi aspettavo molto di più da questo film che non raggiunge mai le vette supreme di Pic nic, (sarà che a me l'acqua e i film di ambientazione acquatica non mi hanno mai entusiasmato) ma la sua conformità al tema weiriano è altrettanto solida che in Pic nic. Non si può non notarlo fin dalla prima sequenza ambientata nella scuola, quando comincia a diluviare grandine a ciel sereno. La scuola rappresenta appunto una istituzione dell'uomo, l'istituzione per eccellenza dove si acquisiscono nozioni e si forma la persona che poi passerà il resto dell'esistenza a plasmare e forgiare la natura a seconda dei propri scopi e obiettivi. In questo film è la Natura stessa a riprendersi il suo spazio attraverso i riti di un popolo antichissimo e i sogni sempre più inquietanti di un giovane avvocato (un riuscitissimo Chamberlain). Molto belle e cariche di pathos le scene ambientate nella casa del protagonista e buone le interpretazioni degli aborigeni che trasferiscono le stesse sensazioni di mistero e antichità antidiluviana delle rocce di Hanging Rock. Però nonostante questo il film non decolla mai e non cattura nè come il precedente capolavoro nè come i film hollywoodiani che Weir girerà più tardi e onestamente ci si poteva aspettare qualcosa di più dalla sceneggiatura. Se però volessimo inserire questo film nel filone catastrofico beh allora non posso non pensare alla rivoluzione che in letteratura fantascientica o fantastica ha portato James Ballard con il suo inner space, lo spazio intimista dentro il quale per primo avviene la catastrofe, con il protagonista che perde pian piano tutte le sue sicurezze che appartengono al recente mondo civilizzato per arrendersi ad un mondo che esiste da sempre, che non ha certo bisogno di noi e che anzi probabilmente ci guarda con la stessa indifferenza della Natura leopardiana.