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STALKER regia di Andrei Tarkovskij

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JOKER1926     6½ / 10  06/09/2012 23:29:52Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
"Stalker" di Andrei Tarkovskij fa parte di quelle produzioni cinematografiche che hanno una ristretta fetta di spettatori. Poi in questa già "risicata" porzione non è del tutto automatico che l'esperto apprezzi le dinamiche e il messaggio conclusivo del film.
Infatti "Stalker" non è un "semplice" film, la regia, quella di Tarkovskij non è convenzionale e oltre il già discutibile , ma caratteristico, stile del regista bisogna carpire e gradire ciò che il regista, giustamente, vuole infondere nella mente di chi guarda.

Concepito nel 1979 il prodotto del regista sovietico nelle quasi tre ore di proiezione emana messaggi a stampo filosofico. Già dai protagonisti vien facilmente fuori la concettualità del lavoro. In scena una guida, uno scienziato e uno scrittore. Traspare da questo triangolo una grande ondata filosofica e psicologica che abbraccia da vicino arte e scienza. La guida potrebbe essere una sorta di "Verità" come nel "Secretum" di Petrarca.
Si capisce, insomma, sin da subito, che "Stalker" è installato in settori di interpretazioni dell'animo e della vita. Poi il finale, o meglio, la scena finale darà credito a ciò che è stato accennato in queste righe.
Tarkovskij regala al suo film una serie di simboli che rendono il disegno spesse volte troppo ermetico e lo portano alle soglie di una vaghezza abbastanza frequente. Perché, oltretutto, quando le vie della concettualità diventano troppo sottili il tutto cade in circuiti a senso unico ove solo la mente del regista sembra godere del risultato.

Dove si incatenano i fili di "Stalker"

Il film subisce dei ridimensionamenti per quanto concerne il suo messaggio, estremo ed astruso.
Proviamo a sintetizzarlo…
Lo stalker, ovvero la guida, porta verso il "vertice" spirituale due persone simbolo del processo evolutivo (?) della razza umana. Le situazioni si addensano nel nome di una incredibile "irrealtà" scenica e spaziale. La regia mette in luce il "viaggio" psicologico attraverso luoghi oscuri, quelli della mente umana, fatti di cunicoli incerti e volubili, proprio come l'umore dell'uomo. "Stalker" in effetti è una sorta di meditazione interiore che si arresta, visivamente, in un finale decisivo ove lo spettatore carpisce che la fede, fra debolezza e duttilità, riesce a spostare anche le montagne. Film che racchiude, ovviamente, anche pillole di religione, di spiritualità.
Il tutto, a parer spiccatamente tecnico e soggettivo, appare una copia appannata de "La montagna sacra" di Alejandro Jodorowsky confezionato nel 1973, qualche anno prima del film sovietico.
A livello tecnico la situazione, ahimè, collassa. Le peculiarità della regia sono troppo anche per chi ama i "dettagli" e le sfumature del Cinema. Qui, con Tarkovskij siamo ai limiti. La lentezza della macchina da presa ha pochi precedenti, il film gira intorno a interminabili piano sequenza e a primi e primissimi piani statici e ripetitivi. Poi i luoghi limitati decretano la morte assoluta e solenne del ritmo. La pesantezza, a questo punto, non può non invadere il pubblico (di nicchia).
A far la differenza la fotografia, prima seppiata poi a colori. Le atmosfere sono fatiscenti e fuori dal comune.

"Stalker" rimane un film che ha molto da dire, suggestivo e sotto svariati punti impraticabile, perlomeno per le pretese medie e "standard" della massa spettatrice.