caratteri piccoli caratteri medi caratteri grandi Chiudi finestra

SOLARIS (1972) regia di Andrei Tarkovskij

Nascondi tutte le risposte
Visualizza tutte le risposte
Beefheart     6½ / 10  08/01/2008 12:03:01Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Quella che, al momento dell'uscita, venne denominata come "La risposta della cinematografia sovietica a 2001: Odissea nello spazio", non mi ha del tutto convinto. Allora la principale destinazione delle critiche negative fù la sconsiderata opera di taglio e cucito imposta dalla distribuzione italiana, ma, a mio avviso, anche la versione integrale (di 2 ore e 40 minuti circa) è ben lontana dall'evocare le atmosfere ipnotiche e lisergiche del mitico film di Kubrik. Non che Tarkovsky non sappia il fatto suo in materia cinematografica e nemmeno che in questo "Solaris" non se ne veda l'impronta, eppure trovo che il risultato sia meno suggestivo ed avvolgente di quanto avrebbe dovuto o potuto essere. Il soggetto, fanta-coscientifico, della materializzazione dei pensieri (che siano ricordi piacevoli o paure) dell'uomo, è di una certa efficacia (tanto che in seguito verrà più volte ripreso e riproposto) e nelle mani del cineasta bielorusso si carica ulteriormente di pathos, fornendo l'occasione per riflettere sull'uomo e la sua condizione di solitudine e fragilità. Condizione dalla quale esso cerca di fuggire attraverso l'innaturale compagnia di riproduzioni, repliche, idealizzazioni materializzate, di figure che animarono il suo passato ed alle quali esso si appoggia per non fronteggiare la dura realtà del presente. Non solo: se l'uomo, reale, cosciente, fatto di atomi, si arrende alla debolezza e si rifugia tra le braccia di un ricordo animato, quest'ultimo, teoricamente immateriale, composto da soli neutrini, che nella realtà terrestre non avrebbe ragion d'essere, su Solaris prende coscienza di sè e della situazione, si arma di coraggio e consapevolezza e si sacrifica per il bene del suo involontario creatore, debole e spaventato. Insomma: un film dai contenuti social-filosofici assai pretenziosi e dalla forma virtuosa sia in termini di sceneggiatura, lentissimissima e faticosa, che di fotografia, pesante ed opprimente nei suoi colori desaturati, che di inquadrature, lunghe e fisse su particolari non preponderanti (immancabili i particolari su scrosci, o rivoli, o pozze d'acqua e gli scorci di vegetazione selvaggia). Le scenografie ovviamente futuriste, dalle geometrie abbastanza rigide, con una netta prevalenza di rosso, bianco e marrone, che, a turno, si contendono il dominio cromatico della scena, effettivamente richiamano parecchio gli ambienti dell'astronave kubrikiana e fanno un certo effetto. Non male la prova degli attori, praticamente sconosciuti, che riescono a mantenere un livello di trasporto ed emozione tale da rislutare credibili. Peccato per la scarsa fruibilità di un'opera che richiede un certo sacrificio, forse non ripagato a dovere.
donfabios  17/07/2008 13:14:11Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
fu senza accento