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GRAN TORINO regia di Clint Eastwood

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Requiem     10 / 10  15/03/2009 12:45:23 » Rispondi
Si era parlato di un minore di Eastwood e si era parlato anche di filmetto per il grande pubblico ( forse come fece per il comunque riuscito "Debito di sangue").
Niente di tutto questo. Il nuovo Eastwood è ancora un film memorabile, quasi una summa di decenni del suo cinema.
Il Kowalski proposto da Eastwood (e interpretato in maniera memorabile) è una sorta di Callaghan anziano, molto razzista, ultraconservatore e pronto a farsi giustizia da se.

E non è solo il razzismo al centro del nuovo film del grande regista.
Si parla dell'America di oggi, della violenza e dei cittadini americani che vogliono farsi giustizia da se e che tengono le armi in casa. Si parla ancora di ragazzi che che subiscono ogni forma di violenza, tema caro al regista.
E si si parla anche di morte e di vecchiaia.

Eastwood, malato uomo solo con due figli praticamente estranei che vorrebbero spedirlo all'ospizio, fa amicizia con una famiglia di immigrati e loro diventano l' unica ragione di vivere.
Fa amicizia con Thao, timido ragazzino che aveva tentato di rubargli l'auto d'epoca, lo fa crescere lo introduce al lavoro, ai sentimenti e al tempo stesso si riabilita lui stesso, uomo al tramonto della vita.


Il regista rilegge poi il mito del giustiziere solitario di 40 anni prima in chiave moderna e fa una sorta di anti -western metropolitano, sentito, politicamente spietato e molto commovente.
Tutto sempre raccontato in maniera eccezzionale con estrema semplicità, lineare e senza virtuosismi.

Vengono in mente immediatamente i film migliori: "gli spietati" (in cui alla domanda "lo sai cosa si prova a uccidere un uomo?" lui rispondeva : "È una cosa grossa uccidere un uomo: gli levi tutto quello che ha. E tutto quello che sperava di avere"). Ma viene anche in mente "un mondo perfetto" nel ritratto disilluso dell'America, la drammaticità di "million dollar baby" e la mancanza di risposte da parte della religione.
E sopratutto rilegge nello splendido e indimenticabile epilogo il finto eroismo di Callaghan che a suo tempo, 40 anni or sono, ai tempi del grande Don Siegel, tirava fuori in ogni occasione la 44 magnum.

Da antologia è la sequenza dell'ultimo errore del vecchio, il pestaggio al ragazzo della gang, che Eastwood fa esattamente come quella di "Dirty Henry" allo stadio.
A completare l'opera memorabile del regista sono le scenette comiche che in maniera geniale Easwood inserisce per sdrammatizzare.

Un grandissimo film. Il regista (forse ma anche comprensibilmente alla sua ultima interpretazione) sta realizzando un filmone dietro l'altro.
Altro che minore.