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MATADOR regia di Pedro Almodovar

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Terry Malloy     7 / 10  15/09/2013 19:27:18Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Bello anche "Matador", anche se leggermente depresso rispetto ai due capolavori a cui sta cronologicamente in mezzo. Tematiche solite sullo sfondo della tauromachia, esplicito rispetto a ciò che Welles aveva solo affacciato con "Touch of evil". Come per il capolavoro noir, anche qui c'è tutto l'armamentario di genere della passione di morte che agita gli inquieti personaggi di Almodovar: il delitto, la passione, la malvagità, la dipendenza, il sentimento, questo costante sentore di "bassezza" umana dei personaggi, che non riusciamo ad odiare, a giudicare. Era il finale dell'Infernale Quinlan, che ora il cinema postmoderno e citazionista (secondo il modulo pluriaffermato del double-coding) di Pedro riafferma, fortunato connubio estetico legato alla contemplazione e alla possibilità di giudizio dei personaggi. In realtà vi si riscontra un tentativo non forse del tutto riuscito di sdrammatizzare e mescolare generi troppo incartapecoriti: è ovvio che a Pedro interessi la capacità di creare, di portare in scena drammi terribili, drammi imperituri ed espressivamente potenti, ma anche infondere un carattere di ironia kitsch, di camp, di weird, di psycho, di assoluta miscela, di analisi socio-culturale, di folklore (la tauromachia non è più spunto contenutistico, ma spunto di costume, uno sfondo come un altro della storia, e non mi è mai piaciuto come Welles suggeriva temi e spunti di riflessione meta-cinematografici), ma forse questo tentativo, una sorta di rodaggio del sistema, di esercizio di stile in funzione di una nuova estetica felliniana, non è riuscito. Il dramma si trascina faticosamente, fino al fin troppo scontato finale (ricordiamoci che pochi anni prima era uscito lo splendido "La ley del deseo"), senza lasciare in bocca quel sapore di tragicomico postmoderno che solo Almodovar ha saputo creare. Una creazione sua, ma che spesso gli sfugge dalle mani.