wega 9½ / 10 23/07/2009 12:53:24 » Rispondi E' del 1943 l'esordio del più grande regista di tutti i tempi, Robert Bresson. Laureato in Filosofia, pittore come lo era Dreyer, ho trovato utile seguirlo parallelamente alla filmografia di Luis Bunuel, un regista con qualche film avente quasi lo stesso soggetto, magari con un epilogo molto simile ma dagli intenti del tutto opposti; perché siamo di fronte ad un ateo anticlericale e ad un credente massimo. Due registi che, se Bunuel tratta la Morte con cinismo beffardo, Bresson fa morire il suo protagonista - sarà il caso di Mouchette - per raggiungere un posto migliore. Se il percorso di Nazarin è lo stesso del curato di campagna (con tanto di fallimento), Viridiana ha molto da spartire con Anna Maria, novizia che entra nella Conversa di Belfort per vocazione, e troverà la sua missione nella redenzione di Teresa, una giovane detenuta per furto, che presto però - appena uscita, scontata la pena - si macchierà di un altro e ben più grave delitto. E' un percorso di sofferenza quello di Anna Maria (la sofferenza fa' da cardine in tutte le opere del regista), a causa soprattutto del suo carattere, ritenuto troppo orgoglioso e individuale (sull'individualismo si svilupperà anche il soggetto del protagonista di "Pickpocket"), un martirio che senz'altro per il regista è l'essenziale per il raggiungimento della Grazia e per la depurazione dello spirito. Sembrerebbe un fallimento come lo è stato per Viridiana, ma nel finale - anche se risoluto come un paio di manette strette ai polsi - in Teresa è cambiato visibilmente qualcosa. "La Conversa di Belfort" è già un Bresson quasi al 100%, dal rigore assoluto, dall'essenzialità della fotografia, dal minimalismo della sceneggiatura e delle scenografie, un Cinema a sottrazione che solo questo regista ha raggiunto con tale elevatura stilistica. Quasi perché c'è un insolito contrappunto sonoro (non si ha ancora la poetica dei rumori che caratterizzerà le opere dal 1950 in poi), e anche le atmosfere, girate in notturna per gli esterni, hanno qualcosa di hollywoodiano, comprensibilissimo trattandosi di un'opera prima che aveva bisogno di visibilità internazionale. Sublimi i dialoghi, che fanno dello humor caustico e del sarcasmo un "motto religioso".
Ciumi 23/07/2009 17:42:51 » Rispondi Finalmente ti sei deciso a commentare il tuo regista preferito! Cominciando dal suo primo lungometraggio, ottima scelta. Anch'io adoro Bresson, ma conservo gelosamente qualche suo film ancora da vedere. "La conversa di Belfort" mi manca, e mi hai fatto venire voglia di scaricarlo...
wega 23/07/2009 18:12:06 » Rispondi Eh sì già già, adesso son preoccupatissimo per gli altri 12..men 2-3 che ho commentato..Assolutamente vedilo, ha una bellissima sceneggiatura.
Ciumi 17/08/2009 07:11:07 » Rispondi L'ho visto. Accidenti che bell'esordio! Hai detto bene tu, è quasi un Bresson al 100%. L'atmosfera notturna degli esterni ricorda il primo David Lean, mentre l'essensialità degli interni è già tutta sua. Anche nella recitazione, è residua ancora una certa enfasi. Sono ricaduto in un nuovo "periodo bressoniano". Ho appena commentato Mouchette e ho già voglia di commentarne un altro.
wega 17/08/2009 13:14:20 » Rispondi Oh bene! Di Lean ho visto solo un paio di film, a colori per di più, lo conosco pochissimo. Bello "Mouchette", beato te che ti vien facile commentarlo Bresson, ora che mi ci metto con "Un Condannato.." adesso...e devo rivederlo come minimo, credo dopo!
Ciumi 17/08/2009 14:03:14 » Rispondi Sì, certo non il Lean dei polpettoni a colori... E' vero, Mouchette è proprio bello (ma c'è un film di Bresson che non lo sia?), peccato che a quanto pare non l'abbiano visto in molti.
wega 20/08/2009 20:42:15 » Rispondi Ennò, nessuno. A parte "Perfidia", personalmente, che è comunque un bel film. E non ho ancora capito "Lancillotto e Ginevra".
kowalsky 11/05/2021 00:22:25 » Rispondi Anche Jean Delannoy ricorre temi simili, ma è meno noto