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L'UOMO CHE NON C'ERA regia di Joel Coen, Ethan Coen

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Invia una mail all'autore del commento nerofelix     10 / 10  23/02/2008 21:42:48Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Quando il cinema ritrova la poesia, la forza dell’immagine, il guizzo della genialità, torna ad essere arte, lasciandosi alle spalle le sgangherate esercitazioni di registi improvvisati e recitazioni farsesche loro malgrado. Vedere questo film (e rivederlo) riconcilia con questo mondo troppo spesso in balia di spregiudicati manager di loro stessi che, nelle vesti di cineasti o attorucoli, infestano l’aria di pattume di celluloide. Questo film ha la personalità e il genio dei Coen e promette di rimanere nel tempo, cristallizzato com’è nella condizione classica di bianco e nero. E’ praticamente perfetto: nei dialoghi ma soprattutto nei monologhi, nella storia e nella musica che l’accompagna, nel tessuto sottile e spesso di una trama intelligente e raffinata, nelle performances degli attori, tutti bravissimi, dalla malinconica e stralunata Scarlett Johansson a Billy Bob Thornton (il protagonista) che sa dare assoluto spessore a un personaggio al tempo stesso pieno e vuoto, raziocinante e folle... lo scarto di una mente ripiegata su sé stessa, quieta ma visionaria. E’ la storia di un barbiere, raccontata in prima persona fino al conclusivo epilogo, coinvolto in una vita semplice ma comunque più grande di lui che, poco a poco, diviene ingestibile e di cui finisce vittima. Il bianco e nero è fondamentale perché i tagli di luce siano più sgargianti di mille colori, e copre la pellicola di una decisa patina di antico che parla di tanto cinema espressionista (da Murnau a Lang, da Dreyer ad Eisenstein). La luce è la protagonista della scena, insieme alla macchina da presa... si fissano entrambe su sguardi, su gesti, sulle rughe di un volto, sul panneggio morbido dei vestiti. E rendono ogni dettaglio carico di significato. A volte (metaforicamente anche) la scena è priva di luce, altre volte (altrettanto metaforicamente) ne è inondata, come nelle scene finali, talora la penombra suggerisce l’atmosfera ovattata, talaltra lo stacco luministico squarcia lo schermo. E’ un film che ha tutto: gli estremi come le mezze misure, l'umorismo e la malinconia... un capolavoro che merita un voto altissimo e il privilegio di avere, secondo me, un suo piccolo posto nella storia del cinema.