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NON HO SONNO regia di Dario Argento

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Invia una mail all'autore del commento kowalsky     6 / 10  08/01/2007 22:39:21Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Salutare "non ho sonno" - dopo una serie di opere ambiziose ma irrisolte - come un "ritorno alle origini" mi sembra una forzatura.
Cio' che Argento comunica (ancora) è un rinnovato tentativo di riappropriarsi del codice thriller dei suoi primi film, con un'attitudine appunto diversa da quella del passato.
Argento sa raccontare splendidamente le inquietudini e la follia di un Paese soffocato nei suoi misteri piu' lugubri, magari attraverso un'espediente tecnico splendidamente hollywoodiano (come nella memorabile sequenza del treno, nei primi geniali venti minuti del film).
Eppure non è tutto così risolto: prima di tutto, è davvero inevitabile che - grazie al supporto di Lucarelli - il thriller all'italiana debba avvalersi di una recitazione spudoratamente teatrale (lavia e la falk sono eloquenti in tal senso)? O, in peggio, consolidarsi alla piu' piatta recitazione televisiva?
Tanto varrebbe recuperare "sotto il vestito niente" di Vanzina e (finalmente) riabilitarlo: almeno quel film ha frenato certi parametri hollywoodiani anche psicologici, il dualismo tra vecchio e nuovo: Vodafone o Internet come parametri di indagine o vettori (nuove forme) di sopravvivenza.
La provocazione barocca di Argento ("suspiria" "phenomena", "opera") lascia, in "non ho sonno" spazio a un'enfasi piu' sensoriale che visiva.
I temi cari ad Argento - la morte, l'handicap fisic, la condanna morale all'estabilishment (fa molto "americano" vero?) borghese, il ritorno di un dramma interiore mai sopito (il passato che torna) diventano un pretesto per un grande talento visionario abile a raccontare la storia ma spesso carente a concluderla.
Gli effetti truculenti rischiano di diventare risaputi e prevedibili (simbolica la menomazione delle dita).
E "non ho sonno" procede su quel filone (finto) para-letterario che culmina in un finale realmente imbarazzante sposato a dialoghi e recitazione davvero insostenibili.
Insomma, Argento anche stavolta non frena il suo istinto di aggiungere, modificare, sottolineare, colmare, quando la pozione avrebbe potuto benissimo gustarsi senza troppe lungaggini retrive.
Ricorda un pittore classico che si incarna nell'anima di Pollock, e tramuta ogni tela a suo piacimento.
Un'occasione perduta, insomma, almeno in parte, ma pur sempre un film vitale e tecnicamente superbo che andrebbe rivisto con le giuste attenuanti, viste le ottime premesse iniziali
Invia una mail all'autore del commento Caio  24/01/2007 01:18:04Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Sono d'accordo con te. Quello che mi ha fatto "imbestialire" di questo film è il contrasto tra la scena iniziale dell'omicidio sul treno (davvero riuscitissima secondo me) e lo stile con cui è stato realizzato il finale (patetico). Non riesco a capire questa involuzione di dario argento, che raggiunge un dilettantismo mostruoso non tanto in questo film, quanto ne "il cartaio"...pellicola davvero imbarazzante! Speriamo che il cinema americano non gli stia dando troppo alla testa.
TheJolker  08/12/2007 10:26:46Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
un giro troppo lungo di parole...il film è bello senza troppo tergiversare,ci sono molte pecche ma in fondo parlando agricolamente questo trhiller fa ****** sotto
poi la trama sembra esserci e si ricollega nel finale
il pazzo pure è da antologia,cia una ***** di faccia maniacale
Invia una mail all'autore del commento kowalsky  09/12/2007 00:02:16Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Mah a me è parso un'ottima occasione mancata... ma alla critica non è spiaciuto (Ghezzi su tutti)
TheJolker  09/12/2007 11:43:44Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
in fondo ha mollto del gran thriller
a parte alcuni deficit recitativi ma forse argento ha deciso di renderlo piu su toni teatrali...ed è quella sorta di recitazione macabra che fa rabbrividire