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SYNECDOCHE, NEW YORK regia di Charlie Kaufman

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Invia una mail all'autore del commento williamdollace     10 / 10  01/07/2014 23:08:26Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Con – Synecdoche, New York – Charlie Kaufman architetta il suo capolavoro mostrando brutalmente la natura umana in tutta la sua interezza, senza false gerarchie di ottimismo costruito a tavolino, bensì mostrandoci gli intestini paranoici di Caden Cotard, un regista teatrale alle prese con l'ambizione di creare la più monumentale ["Non accetterò nient'altro se non la brutale verità"] e ipocondriaca rappresentazione teatrale [e alla fine non c'è altro che la più grande della rappresentazione che contiene tutte le altre, la vita].

Kaufman dirige Cotard con la "sindrome del cadavere che cammina", con i suoi escrementi estremamente analizzati, fegato, matrimonio, occhi, tutto è morto o sta morendo, come l'inserirsi le lacrime meccanicamente per piangere di Cotard, prepararsi a piangere ON, come lo spettatore che entra e si siede davanti a Synecdoche si prepara alle lacrime, a morire altre due ore, a morire ancora, a morire meglio.

Il tentativo di suicidio con il quale Caden rifiuta il posto del suo corpo nel mondo, Caden come Abiura del suo corpo Marito di Adele Lacuna Negazione della sua vita che ritrae minuscole opere d'arte mentre per tutta contrapposizione Caden crea monumentali set all'interno di monumentali set all'interno di una città la cui vista ci è interdetta, per rappresentare, lì, chiuso e imploso qual'è, l'intero mondo, l'intera vita, nelle sue contraddizioni e fallimenti, nell'orrido spettacolo di miserie, scelte sbagliate e mancate azioni che siamo.

Scanditi dalle speranze che si dissolvono tanto quanto il tempo passa, massacrati senza scampo, ingoiamo e assimiliamo la paura ingoiando manciate di pillole, controllando sintomi e segnali, ordinando e pulendo per dare un senso all'inquietudine di vivere uno spazio, che non è luogo, ma la mappa del vuoto radicato nella discesa vertiginosa che è la pancia, una pancia in un corpo, un ammasso maleodorante di tubazioni, ossa e liquidi infettabili.

E Caden, zoppo meraviglioso vecchio essere umano.
Ogni bagno in cui si sofferma è la camera di regia della sua Città fantasma.

Finiamo la vita sbrindellati, con i corpi claudicanti, a pezzi, senza arrivare in nessun posto, "la fine è scolpita nel principio", sempre. Piangiamo del nostro disagio a vivere qualsiasi situazione, con chiunque, con le speranze e tutto l'amore ammassate in una scatola rosa schiacciata e abbandonata nella spazzatura, regali troncati nei ricordi sbiaditi, quell'amore che avevamo intravisto e che non abbiamo mai inseguito, coltivato, colto, nemmeno avendolo fianco a fianco, una telefonata che non squilla in una casa che costantemente brucia, che brucia da quando ha iniziato ad esistere.

Ed è qui che si consumano i desideri, perché il tempo passa e distrugge tutto (Gaspar Noé, Irréversible) e tutti, comunque, chiunque, ovunque. Non possiamo sopravvivere al tempo mentre sopravviviamo a noi stessi, mai in pari, mai giusti, mai soddisfatti. "Ora so come farlo" – "Die" (Muori).

E Caden, il suo cuore che si spezza in quello di Sammy, a cui ordina di alzarsi e continuare a respirare, una vita devastata mancata, la perfetta simulazione di una fine (quella di Caden) da Sammy ma già avvenuta perché già a quel punto Caden è un morto che vive (ancora la sindrome omonima), che vive nella paura della Morte morendo, come noi, che con e come lui stiamo morendo – Ora.

Sammy è il corpo sopravvissuto dentro il corpo morto di Caden che ancora sopravvive, solo, "tu non hai mai guardato nessun altro che te stesso."

Tutti, da nessuna parte, tutti insieme.
Just a Little person.

Le foglie dal braccio di Olive cadono come il disincanto degli ultimi respiri, un perdono che non c'è, imperdonabile, disadattamento linguistico come il silenzio che compone ogni giorno dei nostri giorni sparsi, rotti fra le righe, magici come spasmi, incontrovertibili, interdetti, con la musica incorporata da Piccole Persone, con i colori e un set monumentale in canna sopravvissuto a due decenni di accoglienza assassina.

Monumentale architettura del Cinema come la vita, la vita come un Set all'interno di un Set all'interno di un Set, Kaufman che dirige se stesso aggirandosi sul set dirigendo Caden che dirige se stesso e Sammy che dirige quello che sarebbe voluto essere Caden vivendo ciò che lui è impossibilitato a vivere e tutti che dirigono tutti, tutt'intorno, tutti, insieme, noi spettatori a sua volta dentro il gioco della finzione nella nostra vita che si consuma nella poltrona, tutti soli, con i passaporti timbrati soltando dalle nostre cicatrici, ognuno per ognuno – Ora.

Come diciassette anni di spazzatura di set e vita accartocciate abbandonate su un marciapiede fasullo diventato radice. E ancora corpi giocattoli che cadono impastandosi al cemento come Sammy. Non tu Caden – io l'ho fatto davvero – sembra dire con le lacrime frantumate al suolo. Urla nella notte, tremolii alle gambe, coiti interrotti, lacrime sessuali a vicolo chiuso che si consumano nella paura di non saper fare e in quella di non aver saputo farlo in quella di non avrei mai dovuto farlo o del perché non l'ho mai fatto prima, mai un fenomeno di presenza in questa patria di Assenza che brucia all'infinito è Synecdoche NY.

E' un corpo reato, un corpo umano, che arde come una casa in fiamme.
Una telefonata mancata.
La rabbia che si fa silenziosa. Tombale. Onesta.
Piccole persone, grandi desideri, che muoiono interrotti e ininterrottamente, ed è solo questo, il grande fallimento che è la morte.

Sentiamo che manca qualcosa, che quel qualcosa non è mai arrivato. Speriamo e ci disperiamo nello stesso tempo. Non abbiamo paura di morire, ma di morire senza essere stati speciali, senza aver realizzato quel qualcosa che aspettiamo da una vita che ogni 5 secondi muore per 5 secondi. Ora. Ora. Ora. E la morte è la la fine di quella speranza, è il poster del rimpianto, uno per tutti, tutti per tutti. The specifics hardly matter.

Monumentale Affresco del potente spettacolo della Vita e della Morte saldati alla registrazione impervia di Ogni cosa, ogni apoftegma impossibile.
Vita che finisce, Cinema che si avvera.
Dove tutti magicamente, per un istante, siamo collegati.
Everyone is everyone.
oh dae-soo  02/07/2014 00:09:02Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Bellissimo (e "difficile") commento per il più grande film degli ultimi 10 anni.
Poi vabbeh, per me il più grande visto in vita mia ma quelli sono altri discorsi.
Invia una mail all'autore del commento williamdollace  02/07/2014 00:36:24Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Difficile, sì. Concordo, sul più grande o comunque nei primi tre. Talmente tangente alla vita da raderla al suolo.
oh dae-soo  02/07/2014 00:42:02Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Ricordo che quando ne scrissi sul blog dissi a un lettore che questo era l'unico film con tutta la vita dentro.
Lui mi rispose che era l'unica vita con dentro un film.

oh dae-soo  02/07/2014 00:44:26Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
L'unica vita con tutto un film dentro per essere precisi. Ma siamo lì
Invia una mail all'autore del commento williamdollace  02/07/2014 10:41:56Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Mi scrivi l'indirizzo del tuo blog?
oh dae-soo  02/07/2014 16:41:06Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Scrivi Il Buio in sala su google, dovrebbe essere primo risultato.

L'hai visto una sola volta SNY?

No perchè ogni volta ci si accorge di piccoli nuovi dettagli, che siano nelle parole dei protagonisti, in qualche loro azione o nella "scenografia" (ad esempio alla quarta visione mi sono accorto di 2,3 titoli dei mini quadri della moglie)

scusa per le virgolette su scenografia ma è perchè l'ho usato in maniera un pò ampia e arbitraria, intendo tutto quello che è nell'inquadratura attori a parte
boodi  03/07/2014 11:38:36Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
vado a vederlo stasera, con discrete aspettative ;
spero che il messaggio finale non sia pessimista anche se da quello che ho capito da varie recensioni si presta a varie interpretazioni