caratteri piccoli caratteri medi caratteri grandi Chiudi finestra

DIVIDED INTO ZERO regia di Mitch Davis

Nascondi tutte le risposte
Visualizza tutte le risposte
Jolly Roger     5½ / 10  30/04/2012 23:30:52Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Divided into Zero.
Presumo significhi qualcosa tipo "diviso in zero parti".
Ha senso.

E' come la divisione del Niente. E la divisione del Niente non può dar luogo a Qualcosa, non potrà mai dar luogo, diciamo, a delle "parti" più piccole. Darà sempre luogo, per forza di cose, ad altro Niente. Ad altri piccoli pezzi di niente, che poi non ha nemmeno senso dividere, perchè saranno sempre uguali alla loro somma: ZERO.

Il Niente è il protagonista di questa storia. Viene rappresentato in questa torbido susseguirsi di immagini perverse, ovvero il flusso di pensieri di un nichilista. Persino le immagini di oggetti di per sè innocui: un'altalena, un pennarello, una bambola....vengono catturati da un ingranaggio mentale che non funziona più, e finiscono per evocare sesso, stupro, violenza.

Questo corto si riassume nell'immagine del pedofilo che guarda negli occhi la sua piccola vittima. O la bambina che guarda negli occhi il vecchio carnefice.
In realtà, sono la stessa persona.
In realtà rappresentano la vita, che si manifesta come violenza per l'uomo quando ancora è un bambino, e lo fa attraverso uno strumento: l'uomo stesso, che dopo essere stato vittima sarà carnefice, in un eterno cerchio che si ripete senza senso, ma non si chiude mai. Un crudele eterno ritorno.
Il dolore diventa nichilismo: indifferenza verso l'altrui dolore (anche il dolore di un bambino) e ricerca spietata del dolore proprio. Come se il dolore fosse l'unica sensazione reale, e quindi in grado di dare piacere.

Il dolore auto-inflitto diventa il mezzo con cui placare il buco che divora da dentro: la mente del protagonista passa tutta la vita a cercare la propria anima.
Ma alla fine si ritrova da solo. In realtà è sempre stato solo. Sopra un letto con le mani che tremano. Si pisc.ia addosso.
Per tutta la vita ha pensato di essere vecchio, ora lo è davvero. Tutto quello che è passato sembra solo un eco lontano. Ma in passato cos'era?
Anche in passato, non è stato mai niente, solo un gigantesco nervo umano, percettore di dolore. Per questo, l'ultimo appello che fa a Dio...
è di non rinascere.

Apprezzo molto l'esercizio stilistico con cui questo regista è riuscito a rappresentare un flusso di pensieri e creare immagini disturbanti, a fare metafore perverse con la telecamera. Il regista è bravo, dovrebbe giocarsi questa bravura con altri temi.

Detto questo, da dire sul corto non c'è altro. Non emoziona. Non inquieta - come furbescamente vorrebbe fare. Non ti trasmette un granché, a parte una generalizzata e non meglio identificata sensazione di...schifo. Effettivamente ti strappa una riflessione: il fatto che la vita sembra durare solo una mezz'ora. Lo fa consciamente, mostrandoti le immagini del protagonista bambino, poi adulto, poi vecchio, nell'arco di tempo di un corto.
Ma la vita dura poco proprio perchè è bella.
Il contrario di quello che vien fuori da questo corto.