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ROCKY regia di John G. Avildsen

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elio91     8½ / 10  18/05/2012 19:18:02Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Apprezzo anche i Rocky successivi (a parte un caso) sebbene sia chiaro che si tratta di intrattenimento e nulla più. Ma il primo Rocky ha un qualcosa che lo slega automaticamente dai restanti capitolo della saga.
La leggenda comincia qui, ma proviamo ad analizzare il primo capitolo facendo finta o limitandoci semplicemente a considerarlo in sé e per sé, senza il fardello dei restanti cinque: Rocky rappresentò la pellicola che esprimeva il lato positivo dell'American Dream con grande intelligenza e onestà.
Figlio legittimo e indissolubilmente legato a Sylvester Stallone, che non solo interpreta questo pugile bonaccione e testardo (diciamocelo, a volte sembra scemotto) ma addirittura scrisse la sceneggiatura parola per parola senza l'aiuto di nessuno. Fa strano sapere che Sly sia capace di questo, lo si vede proteinato e muscoloso e si va a pensare che chissà perché non abbia un grosso cervello ma è sbagliato.
Ovviamente non ci troviamo di fronte ad analisi dell'essere umano degne di un Bergman o quant'altro ma è abbastanza per rendere questo film a suo modo iconico nella storia del cinema; è la semplicità della storia, un film low-budget girato con l'anima, a renderlo sempre attuale e universale nei temi. Sta qui la sua forza: non la banalizzazione dei sentimenti ma la loro semplicità. A partire da una prima immagine con un Crist0 dipinto e subito dopo un Rocky che combatte un incontro in una squallido ring di periferia. Davvero non c'è bisogno d'altro per fare un grandissimo film che sarebbe non riduttivo ma anche offensivo chiamare "di boxe"; lo sport è un (importante) contorno alla vicenda principale che racconta tutt'altro, in particolare una sorta di riscatto dei mediocri.
Anime buttate in una Philadelphia squallida a sudarsi la vita picchiando un sacco o un pugile, a lavorare in macelleria o in un negozio di animali per racimolare quel poco che basta per vivere, a condividere le loro solitudini di dimenticati. Stallone soffriva una condizione simile all'epoca e come tutte le grandi opere Rocky lo è perché riflette una condizione vera e sentita.
Ma la cosa che più ho apprezzato sin da bambino di questo primo film è il finale, il significato che racchiude: il vincitore è il perdente, moralmente trionfante. Si possono vincere delle guerre perdendo delle battaglie... mettetela come vi pare. La boxe è solo una scusa, il finale ce lo insegna.
E poi non dimentichiamolo: Rocky Balboa è uno dei pochi italoamericani del cinema anni '70 a non essere un mafioso o un personaggio negativo che ha avuto successo al cinema. Pochi ci fanno caso ma è bello soffermarcisi.
Quanto al cast, altro merito è stato l'aver riunito attorno a Stallone un talento come Burt Young, la brava Talia Shire e il vegliardo Burgess Meredith; e poi Apollo Creed è un ottimo "cattivo" che avrà modo di rivelarsi meglio nei successivi capitoli.