Alpagueur 9½ / 10 09/10/2020 10:01:03 » Rispondi Il secondo lungometraggio del più che promettente regista John Carpenter, (dopo l'esilarante parodia di 2001: Odissea nello spazio, Dark Star, del 1974), che poi continuerà a realizzare classici del genere come Halloween (1978), The Fog (1980), 1997: Fuga da New York (1981), La cosa (1982) e Grosso guaio a Chinatown (1986), "Distretto 13: le brigate della morte" (traduzione italiana di "Assault on precinct 13") è una lezione pratica su come i limiti dei magri fondi (il film è costato appena 100.000 $) e un cast di perfetti sconosciuti possano essere superati da un originale script d'azione, una regia capace e un montaggio avvincente. Nella sua prima sera di servizio come tenente di polizia, Ethan Bishop (Austin Stoker) riceve dal suo superiore quello che dovrebbe essere un compito facile: supervisionare quel che resta del trasferimento di una stazione di polizia dismessa in un ghetto di Los Angeles chiamato Anderson. Tuttavia, a causa di una sequenza di eventi al di fuori del suo controllo, Bishop e la sua intraprendente collega Leigh (Laurie Zimmer), si troveranno a fare fronte ad un assedio della stazione 13 da una coalizione pesantemente armata di bande di strada (capeggiata dalla Voodoo) che hanno giurato di uccidere tutti i poliziotti all'interno e senza alcun modo di comunicare col mondo esterno (i telefoni sono stati staccati e le principali arterie stradali controllate da pali). L'uni aiuto a cui possono rivolgersi è Napoleon Wilson (Darwin Joston) e Wells (Tony Burton), due prigionieri del braccio della morte stivati nelle celle sotterranee della stazione. Con il tempo e le munizioni che stanno per terminare, tutti dovranno prendere un'ultima, disperata resistenza contro le forze dell'oscurità che si avvicinano. John Carpenter non è mai stato in grado di raccogliere i soldi per il western che ha sempre voluto realizzare, ma adattando vagamente la trama di Distretto 13 al Rio Bravo (1959) del suo idolo Howard Hawks, e riempiendo il suo film di etica di frontiera, ha invece creato un aviatore urbano che rivela la ferocia e il caos del vecchio mondo ancora fiorenti dietro la fragile patina di civiltà dell'America moderna. "Ma è impossibile, noi siamo in una città, all'interno di una stazione di polizia… abbiamo sparato per un minuto e mezzo, due minuti, non posso credere che non ci abbiano sentito" o ancora "si direbbe il voodoo della vendetta... ma è assurdo, non siamo mica in Sudamerica" , dice un esasperato e spaventato Bishop, ma nessun luogo, suggerisce Carpenter, è veramente al sicuro una volta che quei vecchi tamburi di guerra iniziano a battere, e nulla è più in bianco e nero quando anche un killer condannato alla sedia elettrica può diventare un onorevole eroe, mentre i rappresentanti della legge, come i tiratori scelti della polizia che accendono i riflettori nella scena di apertura, o il sadico direttore della prigione in cui è rinchiuso Wilson (John J. Fox), possono essere brutali e spietati come i teppisti che inseguono. Man mano che i valori tradizionali crollano rapidamente e assieme ad essi precipitano gli eventi , si dimostra che i principi non provengono dalle istituzioni che la società ha costruito, ma da individui che fanno quello che devono fare, e così Carpenter implica che siamo ancora tutti dei cowboy, che combattono ogni giorno per preservare (o interrompere) l'ordine di cose nelle nostre strade cittadine. In un tour de force magistralmente teso di scene incrociate, il primo terzo del film segue l'evoluzione di una crisi, mentre una catena di incidenti (inclusa la spietata sparatoria a bruciapelo del gelataio e della ragazzina, Kathy (Kim Richards), che è ancora oggi scioccante) conduce inesorabilmente all'assalto invocato dal titolo. Da lì in poi il film si trasforma in un teso dramma da assedio, guidato dall'avvincente colonna sonora elettronica composta (per ragioni di budget) dallo stesso Carpenter, che ha anche un cameo come uno dei teppisti che arrivano da una finestra sparata. La cosa più sorprendente di tutte, le orde implacabili di aggressori non parlano mai, evocando gli zombi "assalitori"nel classico La notte dei morti viventi (1968) di George A. Romero. Entrambi i film, dopotutto, offrono ai protagonisti che sono neri, una morale che è grigia, e una metafora sociale sotto forma di orrore. In conclusione, per me uno dei migliori film polizieschi della storia del cinema, forse il migliore in assoluto assieme a "Lo sparviero" di Philippe Labro, anche questo datato 1976 (una spanna sotto a questi due metterei poi il primo episodio della serie di "Dirty Harry" Callaghan, quello del caso Scorpio, anno 1971, di Don Siegel, e poi ancora una spanna sotto a questo, forse anche due, "Il braccio violento della legge", "Serpico" e "Heat la sfida", che, seppur famosi e pluridecorati, non mi hanno trasmesso lo stesso feeling... mentre considero i magnifici "Scarface" e "Carlito's way" di De Palma fuori categoria in quanto più gangster movies). Non gli do 10 solo perchè l'ho già dato a Halloween. p.s. ancora una volta il doppiaggio italiano è stato a dir poco eccezionale, le voci e i dialoghi della versione originale non rendono così bene.
Alcune curiosità. Trattandosi di un film prettamente poliziesco, cominciamo col tipo di pistole (reali) utilizzate dai personaggi cardine. Bishop, poliziotto di colore dallo spiccato senso dell'umorismo e una certa abilità e freddezza nel maneggio delle armi, usa un revolver Smith & Wesson 28 con canna da 4" (che più tardi verrà passato a Leigh), un potente calibro 357 magnum, bella bestiola. Il terrificante agghiacciante biondino capo della banda vodoo degli Street Thunder (interpretato da un impenetrabile Frank Doubleday), per la strage del gelataio, usa una Mauser C96 (semiauto), alimentata con nastro munizioni a discesa, incamerata in calibro 7,63mm. Napoleone Wilson (il nostro eroe-antieroe, pluriomicida condannato a morte, che si esalta nelle sparatorie e nel corpo a corpo, dove può sfogare tutta la sua cattiveria e la sua rabbia) userà prevalentemente un Winchester 1897, meglio noto come Model 97, M97 o M1897, un fucile a canna liscia azionato a pompa con cane esterno e caricatore tubolare. Il conducente del furgoncino dei gelati, che sarà ucciso a sangue freddo dal biondino nasconde sotto il cruscotto un revolver a canna corta Smith & Wesson 36, calibro .38 special. Il padre di Kathy, Lawson (Martin West), dopo aver assistito al massacro del gelataio, prima di andare (shockato) a ripararsi nella stazione di polizia, a inseguirà i 4 responsabili di notte e ucciderà il biondino (che come tutti gli altri membri della banda, sadomasochisti, non ha paura e si fa tranquillamente ammazzare senza batter ciglio) con la stessa S&W-36 prelevata in fretta e furia dall'abitacolo del camioncino dei gelati (gli svuoterà addosso tutto il tamburo a 5 colpi per sicurezza). La scena del biondino che prima si guarda il petto crivellato dai colpi, per poi lasciarsi cadere a pera, è sensazionale. Wells (l'amico di cella di Wilson, che fa presente a tutto il gruppo ciò di cui sono capaci i membri della banda voodoo, dal momento che era in cella con uno di loro che si era tagliato un dito per mostrargli il suo coraggio) usa durante la sparatoria sempre e solo un revolver Smith & Wesson M&P (precursore del modello S&W-10), calibro .38 special (il suo q.i. è talmente basso che non si renderà conto di aver sparato per metà del tempo senza munizioni in canna). Altri personaggi marginali, come il capo distretto che lascia il comando della stazione a Bishop e i poliziotti che sopraggiungono alla fine dopo l'esplosione della bombola del gas, usano dei revolver Smith & Wesson 15 (eh si, questa ditta è molto apprezzata in ambito cinematografico! brand leggendario nel campo delle armi da fuoco). Durante le varie sparatorie del film, saranno usati anche fucili a pompa K-1200 (polizia e guardie carcerarie), Winchester modello 70 (Bishop, compreso il fatidico colpo finale alla bombola), ma soprattutto il Colt AR-15 modello SP1 (praticamente la versione civile del "celebre" fucile d'assalto M-16) calibro 5.56x45mm, quest ultimo farà capolino pian piano dal vetro posteriore dell'autovettura (che si abbassa lentamente) nella sequenza che poi diverrà leggendaria, opportunamente impugnato dal biondino, col suo bravo (immancabile) silenziatore, che cercherà varie potenziali vittime in strada (prima una signora di mezza età con la busta della spesa che camminava e poi un ragazzo di colore seduto a bere una birra per terra") con l'imponente mirino, e il primo piano della telecamera sul suo dito indice che indugia ogni volta sul grilletto, prima di venire "distratto" dalla musica del camioncino dei gelati. Durante il film verrà fatto uso (e abuso) dei silenziatori, soprattutto da parte degli assalitori, per cercare di "cammuffare" il rumore dei colpi alle case vicine, ed impedire così una potenziale segnalazione alle altre centrali polizia, lo stesso biondino lo usa sulla sua C96 e poi sul suo AR-15 SP1, c'è da dire che così corti abbassano solo di pochissimo i decibel degli spari, inoltre sporcano notevolmente la gittata dei proiettili, in altre parole fanno solo "scena", sono fuorvianti, ma allo spettatore comunicano un senso di angoscia e paura, perchè rendono "sordo" il rumore, e quindi si cerca di giustificarne la presenza ("Ma se non si è sentito niente"..."Silenziatore Leigh! Hanno usato il silenziatore" dice Bishop). Considerato che il biondino spara al gelataio da un metro, e che i suicidi sparavano a cavolo ai vetri della stazione, una mira precisa poteva anche non servire. Sta di fatto che il silenziatore, nel cinema, è sempre una bufala, perchè sporca la mira e non silenzia come si vorrebbe far credere, ameno di non esagerare con le dimensioni (ma a quel punto l'arma sarebbe talmente sbilanciata in avanti da diventare totalmente immaneggiabile). Insomma questi silenziatori (o moderatori di suono, come sarebbe più corretto chiamarli), associati a imprese cinematografiche, danno una rappresentazione assai poco realistica. Efficaci nel ridurre la detonazione prodotta dalla carica contenuta nella cartuccia, specie se la palla viaggia a velocità subsoniche (344 m/s a 20°), non hanno però la capacità di annullarla. La riducono, certo, ma non la eliminano. Così come non eliminano la rumorosità dell'arma e la cosiddetta onda balistica prodotta dal proiettile quando supera la velocità del suono. Per capire meglio, nei film, le armi dotate di silenziatori fanno "flop" e nessuno si accorge che il killer ha sparato, nemmeno chi si trovi nella stessa stanza dove è partito il colpo. Ebbene, la realtà è completamente diversa. Per farcene una ragione, dobbiamo pensare a cosa succede in un'arma da fuoco (pistola, fucile ecc.) che spara. Quando si preme il grilletto, si provoca il movimento di un piccolo cilindretto spinto da una molla, che si chiama percussore. Il percussore colpisce una capsula di esplosivo molto potente che si trova nel fondello della cartuccia, che si chiama innesco, determinandone la detonazione. La detonazione dell'innesco fa esplodere la polvere deflagrante contenuta nel bossolo. L'espansione dei gas generati da questa esplosione, si muove in due sensi. Uno è all'indietro (e provoca l'espulsione del bossolo e il funzionamento del ciclo di ricarica dell'arma) l'altro è in avanti e spinge il proiettile lungo la canna. Come si può notare, tutti questi eventi avvengono senza che il silenziatore serva a nulla, perché tale congegno si trova sulla canna. L'esplosione dell'innesco, l'esplosione della polvere del bossolo, i gas che si muovono all'indietro e che fuoriescono assieme al bossolo espulso, generano rumori che non sono assolutamente soppressi dal silenziatore. Il silenziatore entra in gioco quando il proiettile lascia la canna. E' in quel momento che dalla canna fuoriescono il proiettile a velocità supersonica e i gas che hanno spinto il proiettile e che si espandono rapidamente nell'aria. Questa espansione e la penetrazione del proiettile nell'aria generano un secondo rumore, anche se l'orecchio umano non riesce a distinguere tra il rumore dell'esplosione del colpo e quello dell'uscita del proiettile e dei gas di spinta dalla canna, considerato che i due eventi sono quasi istantanei. Il silenziatore riduce solo questo secondo gruppo di rumori (proiettile e gas che escono dalla canna). Questa precisazione è importante. Per interpretare il ruolo di Napoleone Wilson, Carpenter volle per forza un attore principiante o quasi, e lo ispirò un vicino di casa, che aveva un aspetto molto "normale" e un viso che bucava lo schermo. In realtà anche gli altri attori non sono prime donne, ma sembrano tutti stranamente e incredibilmente navigati (Carpenter ha fatto una magia mescolando tutta questa brava gente in un'amalgama perfetta). La stessa Laurie Zimmer (Leigh), a parte un film parodia di varie pellicole degli anni '70 l'anno dopo, non reciterà più in nessun altro film. All'epoca del film, Darwin Joston aveva all'attivo solo 2 film poco conosciuti. Nella versione italiana della pellicola appare il celebre brano intitolato "You can't figt it", che fa anche da intro e che accompagna i titoli di coda, scritto proprio da Carpenter assieme a Kenny Lynch ed interpretato da Jimmy Chambers. Questa colonna sonora, assieme ai vari arrangiamenti per ripercorrere le tappe principali della storia, diverrà un cult tra gli amanti del genere, come quella di halloween e di Fuga da New York, vere e proprie "leggende musicali". Durante il film verrà chiesto un paio di volte a Wilson il perché di quel soprannome… prima da parte di Starker , il responsabile del trasferimento al braccio della morte, sul pullmino ("non capisco, non sei uno psicopatico, non sei stupido… di, perché hai ucciso quegli uomini?" "tutti mi fanno la stessa domanda, e io rispondo sempre allo stesso modo… la prima volta che ho visto un prete mi disse figlio, c'è qualcosa di strano in te, c'è cattiveria nei tuoi occhi… aveva ragione c'era odio, odiavo la gente" "questo non è una risposta logica" "forse non lo è per te" "perché nell'ambiente ti chiamano Napoleone?" "un giorno te lo diro" " quando?" "nel momento della morte" "ah non ci sarò, non mi piace vedere la gente morire"), poi prima dell'assalto finale e dello sparo alla bombola di metano con la nitroglicerina da parte di Bishop ("posso farti una domanda?" "essendo un poliziotto non puoi fare a meno delle domande" "per quale motivo ti chiamano Napoleone Wilson?" "tra poco te lo dirò" "quando tra poco?" "tra un minuto o due al massimo"). Io credo che fosse soprannominato Napoleone innanzitutto per la sua statura (non era molto alto, al massimo 1.70) poi perché era un grande combattente (basta vedere con quale violenza solleva e sbatte contro le sbarre della cella il teppista che cerca di aggredire Leigh, spezzandogli poi il braccio, quindi dotato anche di una certa forza), non aveva paura di niente. Inoltre sicuramente qualcosa di sporco l'aveva combinato se aveva ammazzato quelle persone, altrimenti non sarebbe stato condannato a morte. Forse aveva messo qualche bomba, o sparato di sua spontanea volontà, chissà… su questo punto Carpenter lascia libera interpretazione allo spettatore. Man mano che si dipana la matassa, Leigh e Napoleone proveranno attrazione e curiosità l'uno per l'altra… prima lui le chiederà "tu che dici?" "in vita mia non ho mai creduto nell'aiuto che mi viene dal di fuori" "sono stata in polizia per ben 5 anni" "lo dicevo io che hai sbagliato tutto". Poi sarà lei (che tra l'altro sarà anche l'unica persona ad offrigli non solo da fumare, ma anche da accendere, non è un caso) a domandargli a un certo punto il perché non avesse tentato di fuggire lui al posto di Wells, e lui le risponderà "davanti a due cose un uomo non deve fuggire, anche se gli costano la vita… una donna indifesa che non può scappare con te" ma sorvolerà sulla seconda cosa, limitandosi a guardarla negli occhi ma senza rispondere (perché?!? È l'unica cosa che non ho mai capito del film, si potrebbe ipotizzare che fosse lo stesso motivo legato al suo soprannome o per il quale fosse stato condannato a morte). "purtroppo noi due ci siamo incontrati fuori tempo" "si, è una storia vecchia per me, io sono nato fuori tempo". Sono solo alcune delle tante perle di saggezza che Napoleone dispenserà durante il corso del film. Ma Napoleone è anche un tipo ironico (divertente la "conta" per vedere chi avrebbe dovuto scappare dal tombino cercando di prendere la macchina tra lui e Wells "anghingò anghingò tre galline e tre cappò, anchinghè anchinghè e nel cu… ce l'hai te 1 2 3!"). Il suo slogan preferito è "Qualcuno ha da fumare?" ("Anybody got a smoke?"), che dirà anche alla fine del film ai poliziotti intervenuti dopo lo scoppio della bombola. Ma anche Wells è divertente ("io nel frattempo ho studiato un piano, l'ho chiamato salva il cùlo, e funziona così…" "dannato silenziatore, ho sparato tutta la sera con una pistola scarica" "sono geloso di te Wilson, ti trattano da persona importante, ti tengono alla catena come un cane di razza") e così Bishop (Lei gli chiederà "nero?" in riferimento al caffè che stava preparando, e lui "da oltre 30 anni… ahahaha scusi" dirà a Leigh, oppure quando fischietta tranquillamente prima del combattimento finale), insomma ogni tanto abbiamo anche queste perle di umorismo. I dialoghi sono veramente eccezionali, ogni parola, ogni frase, è stata studiata accuratamente. Straordinario anche Bishop, veramente esilarante e gran sangue freddo e capacità di gestione della situazione.