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4 MOSCHE DI VELLUTO GRIGIO regia di Dario Argento

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Invia una mail all'autore del commento Larry King     8 / 10  15/09/2010 13:55:59Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Tutt'altro che provocatoriamente, ritengo questo il miglior Argento dopo Profondo Rosso e concordo con chi lo considera la prova generale del capolavoro del 1975.
Tantissima carne al fuoco e probabilmente l'unico film di Dario ad uscire dalla definizione di genere e figlio dell'esperienza maturata dallo stesso come uomo e professionista fino a quel momento. Ne deriva una sorta di 8 e 1/2 gotico, dove la pretestuosa e volendo scontata trama gialla, è il mezzo dell'autore per portare in scena la propria esistenza, i propri tormenti, ma anche la propria visione del cinema. Ne esce infatti una miscela quasi "lisergica" di ossessioni, frustrazioni, ansie giustificate e non, che il regista narra senza remore, usando un linguaggio estremamente innovativo per l'epoca, dove generi e stati d'animo si mischiano senza soluzione di continuità.
Se Profondo Rosso è la trasposizione horror di Blow up, qui l'ispirazione antonioniana è addirittura più profonda, basti pensare alla rappresentazione del sogno della decapitazione. Il senso di colpa, la frustrazione, il peccato ancestrale che trovano catarsi solo nell'omicidio, sono di chiara ispirazione hitchockiana, mentre la messa in scena degli stessi rimanda al Bava di "Sei donne...".
Il tono grottesco, dai più criticato perchè fuori luogo, risulta invece indispensabile per la quadratura del cerchio sulla coerenza del film. La chiave di lettura non è la scoperta dell'assassino, ma la ricerca dell'artista dell'ispirazione, il sentirsi attanagliato da qualcosa che non riesce a definire, la paura che arriva da ciò che invece dovrebbe tranquillizare, il senso di colpa di non sentirsi all'altezza della situazione (ripetere un successo dopo lo straordinario riscontro de "L'uccello.." e de "Il gatto..." ) In questo mischiarsi di sensazione e suggestioni, ecco alternarsi delllo spavento alla risata, delll'incubo ricorrente al grottesco realistico della cena con i "freakettoni" o la fiera funebre.
Bud Spencer è l'alter ego perfetto, fragile, angosciato e celebrare il musicista protagonista, spicciolo, risoluto e ovviamente mastodontico l'altro.
Ovviamente sconsigliatissimo agli amanti del giallo tradizionale, consigliatissimo per cinefili senza puzza sotto il naso, che ne coglieranno le ispirazioni passate e future. Un solo scontato rimpianto: dov'è finito questo Dario? (ps: chi lo sa, risponda anche a: 1)quando lo vedremmo finalmente anche in dvd; 2)lo stesso dvd uscirà assieme a quello di "Giallo"?