caratteri piccoli caratteri medi caratteri grandi Chiudi finestra

HARRY POTTER E IL PRINCIPE MEZZOSANGUE regia di David Yates

Nascondi tutte le risposte
Visualizza tutte le risposte
Invia una mail all'autore del commento pompiere     7½ / 10  31/07/2009 16:48:51 » Rispondi
David Yates si dimostra ancora una volta all’altezza della situazione, è preciso nei movimenti di macchina e abile nel passare dai momenti romantici a quelli più cupi e misteriosi. Rivelare gli angoli più nascosti della scuola di magia, gli sguardi truci e incantati di Malfoy non è un esercizio da poco.
Molti fan si sono lagnati a più riprese della mancanza di fedeltà al testo letterario (e qui rispondo subito che un film è un’opera d’arte a se’ stante e questa sta bene in piedi da sola) e della lentezza che li avrebbe portati all’indifferenza e alla noia.

C’è da dire che (soprattutto il pubblico giovanile) si è abituato, per non dire assuefatto, a un tipo di regia che privilegia la concitazione alla correttezza, l’accumulo delle immagini alla chiarezza.
Ebbene, “Il Principe mezzosangue” è una sana eccezione a questa regola: Yates lavora di fino, lascia da parte le meraviglie destinate solo ad accontentare gli occhi e approfondisce sorprendentemente il carattere di alcuni personaggi, i quali si muovono bene sotto la sua direzione (indimenticabile la stravagante e ricreativa Luna di Evanna Lynch).

Poca azione, poca avventura adrenalinica ma alcuni attori in stato di grazia. Mi riferisco ad Alan Rickman che, irreprensibile nei panni di Severus Piton, infonde tutto il suo servilismo, l’equivocità e il sarcasmo di quello che si avvia a essere uno dei personaggi più contorti della serie.
E non dimentico neppure la crescita (fisica oltrechè recitativa) di Tom Felton, non più un semplice rivale di Quidditch per Harry; il suo Draco Malfoy, esangue e scarno, ben rappresenta la difficoltà di trovarsi improvvisamente responsabilizzato a fare sul serio.

Ci sono concessioni a un romanticismo un po’ infantile, da cuoricini disegnati sui vetri appannati. Questa fase non è molto interessante, tecnicamente parlando, seppure ritratta in modo abile e con toni da commedia gentile.
Forse si sarebbe potuto (dovuto?) lasciare maggior spazio al lato oscuro, a quello recondito della vicenda e meno a quello zuccherato dei bacetti adolescenziali, favorito da una sceneggiatura attratta da dialoghi semplicistici.

Il riscatto viene concesso da un finale emozionante e commovente: la professoressa McGranitt che spinge l’intera scuola verso la “luce” è uno dei momenti più suggestivi.