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IL DIVO regia di Paolo Sorrentino

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elio91     9 / 10  02/02/2011 16:08:06Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Chi è Giulio Andreotti?

Andreotti è il Gobbo,Belzebù,il Papa nero,la Volpe,la Sfinge,il Divo Giulio.

Andreotti è uno spietato difensore del potere che non si ferma davanti a nulla per proteggerlo,ordina omicidi e decide le sorti dell'Italia,ha le mani in pasta dappertutto tra chiesa,politica,banche e mafia.

Andreotti è l'uomo più perseguitato d'Italia,accusato di tutto "guerre puniche a parte".

Andreotti è tutto e niente,un'ambiguità che non si può sciogliere e mai verrà sciolta,una figura solitaria e curva che ricorda una tartaruga,sibillino e intelligente,imperturbabile e imperscrutabile; ma questa testuggine ha tra le sue mani il destino dell'Italia da tutta la durata del dopoguerra fino agli inizi degli anni '90,è il Potere incarnato.

Andreotti è l'ambiguità del potere in tutta la sua essenza come mai c'è stata nel belpaese ma come ce ne sarà ancora in Italia.


Raccontare uno dei periodi cruciali della nostra storia politica non è cosa da poco,e sarebbe plausibile farlo con uno stile documentaristico da fiction. Sorrentino ha tra le mani la patata bollente che ti cambia una carriera ma sfrutta la sua occasione realizzando un capolavoro di incredibile attualità formale e stilistica: una pellicola così non sembra essere uscita dalle mani di un regista italiano. Ma solo gli italiani possono comprendere tutti i collegamenti,i politici,i mafiosi,le stragi,i rimandi e gli avvenimenti raccontati con ironia,drammaticità,cinismo e un gusto del grottesco che lascia spiazzati.
Questa fa de Il Divo un film comprensibile in larga parte solo agli italiani ma che grazie allo stile di Sorrentino unico e coraggioso,sfrenatamente moderno,ha conquistato da subito anche gran parte della stampa e del pubblico estero sorpreso quanto noi di quanta qualità nascosta e coraggiosa possa esserci ancora dopo il tramonto del cinema nostrano che da anni arranca privo di idee.
Non è solo una questione di trattare argomenti scottanti e difficili,ma il modo in cui questi temi arrivano alla luce con coerenza ed originalità: la potenza delle immagini,dei dialoghi,delle interpretazioni,della fotografia e delle musiche sono fondamentali anche più di una sceneggiatura che affonda il colpo senza mai esplicitarsi,ambigua fino alla fine in linea col personaggio di cui tratteggia personalità e biografia,pur rimanendo negli ambiti dell'ultimo governo Andreotti.
Del Divo non ci vengono raccontate che storie di ordinario potere,gettando ombre (tantissime) sulla montagna di stragi ed omicidi di cui potrebbe essere stato il mandante. Sorrentino sa bene il suo mestiere,maliziosamente e in maniera implicita collega il filo di sangue dei frequenti misteri e assassinii (Pecorelli,Calvi,Sindona) con Andreotti senza mai condannarlo direttamente. Sono rimandi volutamente scontati,da notare in proposito (al di là dell'incipit capolavoro e stilisticamente da orgasmo) l'omicidio Lima con un Andreotti che incita i cavalli durante una corsa mentre due mandanti rincorrono Lima per finirlo.
Ancora,assistiamo al ritratto privato del Divo Giulio,alla sue devozione per chiesa e famiglia (la moglie,l'unica che potrebbe capirlo davvero ma anche lei in realtà estranea alla sua vera natura). Ma tutto è trattato superficialmente non nel senso di raffazzonato o imperfetto ma perché scavare a fondo di un'ambiguità del genere è impossibile.
Così si dipana la storia d'Italia in uno dei suoi periodi più terribili e delicati in cui gli uomini di palazzo cercano sfrenatamente potere a più non posso tra invidie,litigate,intrighi senza rendersi conto di come il potere,quello vero,sia sempre e solo nelle mani di una persona,sempre lui,sempre Il Divo.
Un Servillo monumentale non si limita a fare il camaleonte o imitatore,scava il suo personaggio nelle fondamenta e rende splendido un film già eccezionale di suo.
Il monologo in cui si autoconfessa è una scena che dovrebbe essere nella storia del cinema,a mio modesto parere,e in cui si esplica un tema fondamentale dell'etica andreottiana: è necessario compiere il Male per fare il Bene. Questo fa di Andreotti una persona maligna? La domanda resta irrisolta,lui resta impunito ma rimane il mistero di una persona fondamentalmente sola e imperscrutabile come tutti i personaggi tratteggiati fino ad adesso nei film di Sorrentino: cos'ha Andreotti di diverso da un Titta di Girolamo o da un Geremia de Geremei? Sono imprevedibili fino all'ultimo,è vero,ma Andreotti esiste e non è un invenzione,questa è la differenza fondamentale rispetto agli altri.
La forte sensazione è che Sorrentino sia riuscito ad avvicinarsi più di tutti al ritratto perfetto dell'uomo politico più complicato ed importante della seconda metà del novecento italiano.

Il senso ultimo del film? Veramente è qualcosa che stiamo vivendo tutt'oggi e che,mettiamoci l'anima in pace,vivremo per sempre ovvero quest'ambiguità del Potere,inspiegabile se non agli occhi di chi lo detiene.
Invia una mail all'autore del commento kampai  02/02/2011 16:22:39Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
stupenda analisi.bravo, mi hai fatto voglia a vederlo
elio91  02/02/2011 16:27:22Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Grazie!
L'ho rivisto giusto ieri pomeriggio per la (mi pare) quarta volta e mi sono deciso a commentarlo,coincidenza vuole che lo diano stasera su La 7. Se non l'hai visto puoi rimediare.