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IL DIVO regia di Paolo Sorrentino

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amterme63     8 / 10  08/06/2008 22:01:13Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Devo ancora capire bene il senso del film. Sono rimasto un po’ perplesso. Quello che invece ho capito e apprezzato è invece lo stile particolare e anticonvenzionale. Forse è proprio nello stile che si nasconde il messaggio del film. Certamente il filone artistico a cui si è rifatto il regista è quello del cinema espressionista. Ho sempre notato una certa rassomiglianza fra la figura di Andreotti e il Nosferatu di Murnau e qua e là nel film Sorrentino sembra volutamente accennarci.
Der resto, come nei film espressionisti, anche qui c’è un’atmosfera buia, chiusa, quasi claustrofobica. Le scene sono quasi sempre girate di sera o di notte, oppure in interni mal illuminati. Predominano i colori rossastri. In ogni caso la figura di Andreotti è sempre associata alla penombra, al buio; quasi mai alla luce piena. Gli effetti lumistici sono curatissimi e come nei film espressionisti le luci e le ombre distorcono i tratti, accentuano i contrasti e creano un’atmosfera cupa, gravata di ansie e angosce. I primi piani insistiti esaltano ancora di più il lato espressivo dei personaggi. Anche la musica con i suoi ostinati e angosciosi assoli classici, intervallata da scoppi di assordante musica moderna, si combina a fondo con le immagini e ne esalta l’atmosfera.
L’accentuazione espressionista sta anche nel fatto che i personaggi sono isolati dal contesto, posti al centro della scena e esasperati. Il filo narrativo è molto esile e si affida al bagaglio di conoscenze storiche e giornalistiche dei fatti a cavallo fra ‘70 e ‘90 che deve avere lo spettatore (un adolescente è tagliato fuori dalla comprensione del film). Non a caso spesso c’è bisogno delle didascalie come in un film muto, per indicare chi recita in quel momento.
Non si vuole quindi spiegare perché sono accadute certe cose, ma gettare luce (o ombra) sulla personalità enigmatica che potrebbe stare dietro questi fatti. Però anche Sorrentino è costretto a gettare la spugna, in quanto pure lui non può far altro che certificare l’impenetrabilità di una tale figura umana. Il personaggio della moglie serve proprio a testimoniare l’ermeticità del protagonista che non si apre con nessuno, nemmeno con la persona che affettivamente gli sta più vicino. Servillo poi è bravissimo nel riprodurre la maschera di impassibilità, gelo, ironia, distacco, viscidità che ha sempre caratterizzato anche dal vero Andreotti.
Per poter penetrare al di là della cortina di ferro, Sorrentino si affida ai fatti accidentali. Vengono messi in risalto i malesseri e tic di Andretti, i frequenti mal di testa, le insonnie, gli accenni a nervosismi. Il fatto stesso che sfugga sempre ai confronti diretti affidandosi alle ironie e alle battute viene fatto passare per una specie di sfida con la verità, come un tentativo di dimostrarne l’illusorietà, l’impossibilità di raggiungerla. Sembra quasi che Andreotti non voglia negare tutti i fatti turpi che gli vengono addebitati, ma semplicemente sfidare gli altri a dimostrare che siano veri.
Si cerca di insinuare che al di là di tutto non ci sia una coscienza in pace con se stessa, lo stile espressionista poi accentua l’aspetto demoniaco e inquietante del personaggio, infine per “smitizzare” il personaggio gli si mette accanto una corte fatta di personaggi a dir poco grotteschi. Si tratta quindi di “suggerimenti” indiretti, suggestioni o intuizioni, ma niente di più.
Le mie perplessità stanno anche nel fatto che il film non aiuta a capire meglio i fatti e l’Italia di quell’epoca. La risposta migliore a Sorrentino l’ha data Andreotti stesso nel film, quando rispondendo alle accuse fattegli da Scalfari ha risposto secco: “la situazione è molto più complicata”. Inoltre non si può ridurre tutta la filosofia di Andreotti all’idea di poter fare anche del male per poter fare del bene. Quale è questo bene?
E poi, mi domando, non è che questo film alla fine abbia amplificato ancora di più il mito di Andreotti nell’immaginario collettivo e che in fondo lo abbia ancora più esaltato? Sto ancora cercando di sciogliere questo dubbio.
The Legend  11/06/2008 09:54:11Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Concordo sulla tua ultima riflessione/domanda, che è poi anche la mia.

Per questo, mi chiedo : dove sarebbe la 'mascalzonata' ?

In cosa Andreotti ritiene di essere stato denigrato ?

A me è sembrato che da questo film ne esca, invece, il ritratto di un personaggio invincibile, colui che riesce ad avere sempre l'ultima parola su tutto.

Vedere nei frequenti mal di testa le uniche debolezze possibili di Andreotti mi sembra troppo poco... si doveva rischiare qualcosa di più.

Invia una mail all'autore del commento cash  11/06/2008 10:57:50Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Si evince che è un prescritto per associazione mafiosa, dovrebbe andarne fiero?
E'un "eroe" come mangano?
amterme63  11/06/2008 14:03:41Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Non corrisponde ad alcun impedimento concreto. Gli consente di essere ancora senatore a vita. E' quella che conta per lui. Il resto fa parte della memoria seppellita dalla rimozione collettiva seguita all'era del trionfo berlusconiano.
Invia una mail all'autore del commento cash  11/06/2008 14:29:17Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Non è una giustificazione. Dopo quella sentenza, Andreotti è ancora lì per ignoranza indotta agli/degli italiani.
nessun paese della via lattea permetterebbe ad un prescritto per mafia di ricoprire anche solo un incarico alle poste.
Se il limite di sopportazione del paese è alto, è perchè la soglia dell'ignoranza è piuttosto ampia.
Invia una mail all'autore del commento agentediviaggi  09/06/2008 17:45:58Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Qual è questo bene? Il senso che gli do io è questo: tutte le stragi, gli omicidi da me (andreotti) agevolati o cmq non impediti come quello di Moro), nonchè la mia iniziale collaborazione con la mafia (prima di votare il 41bis), la mia collaborazione con la P2, la creazione di Gladio ecc ecc. son state concertate cogli americani per tenere lontani i comunisti dal Paese, perchè se i comunisti fossero andati al potere l'Italia entrava in un clima di grande tensione, essendo politicamente e anche geograficamente al confine tra Nato e Patto di Varsavia. Quindi il male da me commesso è servito a mantenere l'Italia dalla parte giusta e sostanzialmente a salvarla.
amterme63  09/06/2008 19:32:37Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Anche qui ti potrei rispondere che la cosa è "molto più complessa". Il concetto che tu hai espresso, cioè che il "bene" fosse semplicemente impedire che i comunisti andassero al governo, nel film è espresso da Cossiga e non da Andreotti. Tra l'altro ricordo che Andreotti ha civettato più volte con il PCI. Era lui il presidente del consiglio di un governo al quale il PCI non votò contro, ma si astenne. Gladio fu più una creatura di Cossiga che di Andreotti. Il "bene" che intende Andreotti non è ben spiegato. Secondo me anche questo concetto fa parte di tutto il bagaglio di massime, aforismi, imbellettature intellettuali o bon ton di cui si è sempre travestito Andreotti. Il bene che lui vuole probabilmente non esiste, rappresenta secondo me il mantenimento dei privilegi e del potere oligarchico dei potentati che si raccoglievano sotto lo scudo crociato.
Al film non interessa approfondire questo aspetto storico-sociale della DC (di cui Andreotti è stato solo un aspetto), ma semplicemente descrivere un personaggio simbolo di un periodo storico italiano. Si cerca di "suggerire" la sua figura, vista l'impossibilità di spiegarla. Diciamo che così si alimenta un mito, senza rivelare nero su bianco l'essenza "criminale" del personaggio. In effetti del periodo storico rappresentato, Sorrentino si è dimenticato un fatto importantissimo: la vittoria di Berlusconi nel 1994. Quella è stata la svolta. Una dimenticanza molto molto grave.
Invia una mail all'autore del commento kowalsky  09/06/2008 19:29:49Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Sull'ultima frase condivido abbastanza (a parte il solito ottimo commento...), ma credo faccia parte della crisi morale su cui è piombata l'Italia degli ultimi decenni
gerardo  11/06/2008 00:48:00Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Concordo sulla lettura "espressionista" e nosferatuiana del film e della figura di Andreotti. Anche "L'amico di famiglia" è un film vagamente espressionista.