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IL DIVO regia di Paolo Sorrentino

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tarr97     8 / 10  23/06/2018 14:11:58Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
il divo quarto lungometraggio di Sorrentino è forse ha tutti gli effetti una sorta di "horror" è cupo, è pessimista , il protagonista L' onorevole Giulio Andreotti è un uomo deforme, gobbo e grottesco. questo film piu' che un film politico lo si potrebbe definire un film di pensiero come quasi tutti i film di Sorrentino. la macchina da presa vuole filmare, l' infilmabile , ovvero Andreotti. lui è sempre stato una figura amorale e misteriosa ci idenfichiamo in quanto spettatori, nel suo essere "un pezzo della storia italiana" (venerato e rispettato ancora da molta politica attuale), con i suoi modi di fare, di dire, i suoi tic la sua postura e così via, ci rispecchiamo proprio in quanto italiani.
Sorrentino lo sa, e ce lo mostra senza indulgenza in un film spietato, amarissimo, doloroso e lancinante come una coltellata, che ripercorre le fasi cruciali della scena politica del Paese dal '91 al '96 (anno dell'inizio del famoso maxi-processo per mafia che vide coinvolto proprio Andreotti in prima persona).
In tutto questo, poi, la realtà è uno skateboard che irrompe improvvisamente nelle sale di Montecitorio durante la "compravendita" di voti per l'elezione del Presidente della Repubblica (unico vero smacco della carriera andreottiana): ottima metafora per alternare alla vita del Divo i gravissimi fatti di cronaca nera che hanno accompagnato la sua fama, racchiusi tutti nell'incredibile sequenza d'apertura dove sulle note dance di Cassius ci viene presentato un collage composto dalle morti di Sindona, Calvi, Pecorelli, Falcone; " , casi tutt'ora parzialmente irrisolti.
il Divo Giulio si prepara ad entrare per la settima volta a Palazzo Chigi, per presiedere quello che sarà ricordato come il governo dell'immobilismo. Attorno a lui si muovono vari personaggi rappresentati come delle grottesche maschere, dal ministro delle finanze Cirino Pomicino (Buccirosso), all'imprenditore Giuseppe Ciarrapico (Ralli) che, tutti insieme, formano la corrente Andreottiana della DC. Il film segue la vita dello statista da questo punto fino al processo per mafia di Palermo, dove un pentito lo accusa di essersi incontrato e baciato con il boss dei boss, Totò Riina.
La telecamera di Sorrentino non ha pietà e, muovendosi ossessivamente nei corridoi del potere, ritrae un fantasma che si muove quasi scivolando sui pavimenti a mo' di vampiro, con il suo collo incassato e le mani perennemente incrociate. Anche nei, rari, dialoghi di Andreotti con gli altri personaggi appare questa componente di solitudine quasi teocratica, il Divo infatti risponde sempre con battute o motti di spirito senza mai lasciar trapelare nulla dei suoi pensieri o delle sue sensazioni. Addirittura quando gli viene annunciata la notizia dell'omicidio del suo amico Salvo Lima, non fa altro che, molto semplicemente, continuare la conversazione al telefono che aveva in corso, non mostrando mai un minimo di pietà umana tanto da far esclamare all'amico e collega Cirino Pomicino "Giulio, io e te siamo amici da trent'anni, ma non ti conosco per niente!".
Aiutato da una colonna sonora fantastica, capace di alternare musica elettronica, rock e Vivaldi, e in grado di accompagnare e raccontare il film, trasformandosi in un vero e proprio personaggio fondamentale, Sorrentino realizza il proprio personale capolavoro, attraverso una sceneggiatura brillante e ricca di battute, in perfetto 'Stile Andreotti'.
Come disse Montanelli, e Giulio Bosetti, che interpreta Eugenio Scalfari nella pellicola, Giulio Andreotti o è il più furbo impostore, perché sempre stato capace di farla franca, o l'uomo più perseguitato di questo paese.

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