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L'UOMO DEL BANCO DEI PEGNI regia di Sidney Lumet

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Terry Malloy     8½ / 10  28/05/2008 21:23:32Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Sublime. Certo è il tipico film che si regge sulla straordinarietà di un attore, in questo caso Steiger, ma ciò non ne sminuisce l’identità, propria e autonoma. Uno stupendo omaggio cinematografico all’Olocausto che sdogana il luogo comune dell’ebreo che ritorna dal mondo dei morti e si costruisce una vita normale in un paese straniero, no la vicenda è dolorosa e scomoda, permeata di un pessimismo e di un cinismo inauditi. La storia di Nazelman è tra le più sofferte del genere semita.
Da subito, sebbene le prime immagini siano europee, avvertiamo che Lumet è chiaro riguardo all’assoluta dimensione americana della pellicola. E lo capiamo dalla musica, jazz. La vicenda parte da Nazelman e certo è per un 40% un’analisi dell’effetto devastante del Dopo sugli ebrei sopravvissuti, ma siamo sicuri che si riduca a questo? Inanzitutto osserviamo la socialità del film: quanti tipi umani vengono presentati con il pretesto del banco dei pegni? Su tutti mi viene in mente quello interpretato da un irriconoscibile Freeman, l’intellettualoide solo. Non a caso il titolo del film è quello, non è “l’ebreo del banco dei pegni”. Tendo per ovvie ragioni a giudicare un regista stupendo, quale Lumet, come un analista della società e un denunciatore di essa e in questo film, apparentemente monotematico, è presente fortissima la componente critica. Fantastiche le riflessioni sul potere del denaro, in particolare quello del protagonista sulla cultura ebraica. Imponenti e sconvolgenti le immagini tratte dal campo di concentramento. Un film importante nella filmografia di L. “da non dimenticare”…