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IL TESTAMENTO DEL MOSTRO regia di Jean Renoir

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Marco Iafrate     9 / 10  25/03/2008 22:58:25Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Una caratteristica fondamentale della carriera di Jean Renoir è sempre stata la sua versatilità, la capacità di spaziare da un genere ad un altro senza legarsi mai ad un tema fisso e ricorrente, tanto da permettergli di realizzare opere tanto diverse tra loro ma altrettanto efficaci, dall'antimilitarismo di "La grande illusione" al romanticismo di "L'angelo del male" fino ad uno dei capostipiti della corrente nouvelle vague "La regola del gioco" considerato da molti il suo capolavoro.
Tra il 1940 ed il 1960 Renoir si allontana decisamente dai riflettori del grande cinema dirigendo in verità pellicole abbastanza modeste, soltanto nel 1959 ritrova il successo con una rivisitazione "parigina" del famoso "Il dottor Jekyll e mister Hyde" di Stevenson, e dà alla luce questo più che onorevole "Il testamento del mostro".
Al buon dottor Jekyll si sostituisce Cordelier ed al sadico Hyde gli fa da alter-ego monsieur Opale, ma dove nei protagonisti del racconto di Stevenson c'è un netto contrasto tra le due personalità, qui la drammatica metamorfosi psico-fisica di Cordelier-Opale non ne allontana la brutalità dell'istinto di base, all'interno della stessa persona convivono sia il bene che il male, la paranoia di Cordelier lo porta ad inseguire, attraverso un esperimento, il sogno dello stravolgimento strutturale della psiche umana; la morale accomuna il film ad altri dello stesso genere: la consapevolezza, a cui segue il pentimento e la redenzione, di aver osato sfidare le leggi della natura.
Straordinaria l'interpretazione di jean-Louis Barrault nel caratterizzare perfettamente le due personalità a contrasto, molto bella la fotografia che offre una Parigi grigia e tetra così da creare un'atmosfera veramente coinvolgente. Un film da non perdere per gli appassionati del genere fanta/horror anni '50.
Invia una mail all'autore del commento wega  25/05/2009 13:19:39Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Oh Marco, ottimo come sempre (lo dico sempre ma non a tutti). Invece io mi son sempre chiesto se Renoir avesse mai fatto il suo film del Dott. Jekyll e Mr. Hyde, proprio perché nei suoi film, anche se diversissimi tra loro per genere, hanno tutti in comune il Male dalla parte dei suoi protagonisti, e fin qui, molte opere sono così, ma una caratteristica delle pellicole di Renoir è che è sempre la società ad esserne la vittima. Insomma una cosa che ho già detto da qualche parte in qualche altro commento, quindi mi ripeto: l' opposto di un Bresson dove i suoi protagonisti sono invece le vittime della società.
Marco Iafrate  26/05/2009 22:02:30Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Ehilà Marcolino, è sempre un piacere sentirti, ti ringrazio anch'io come sempre. Beh sì sono molti i film di Renoir in cui la società è messa sotto accusa (ma non per questo deve necessariamente essere considerata vittima), il regista è sempre stato fortemente critico nei confronti dei valori borghesi, d'altra parte una prerogativa delle pellicole di Renoir è sempre stata la coralità, senza tralasciare però opportuni approfondimenti nel quotidiano e la ricerca del senso dei destini dei singoli individui.
Invia una mail all'autore del commento wega  28/05/2009 09:57:27Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Sì certo film come "La Scampagnata" o "La Regola del Gioco" o "Toni" ne sono palesi esempi. Vittima comunque inteso come ruolo vittima/carnefice, che nei film di Renoir la focalizzazione è sempre puntata sul secondo, quindi di conseguenza la società ne è la vittima. Ma credo anch' io non abbia mai voluto rappresentare la società in maniera vittimistica, infatti l' unico suo film in cui m' è parsa una cosa del genere ("L' uomo del Sud"), è il suo che meno mi ha convinto. Haluò.