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L'ULTIMA CORVE' regia di Hal Ashby

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amterme63     7 / 10  15/06/2014 11:35:25Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
La struttura del film è quella tipica a "road movie". Lo scopo anche in questo caso è quello di approfondire la conoscenza psicologica di alcuni personaggi e tramite loro di alcuni aspetti della società (in questo film quella americana). Anche qui avviene una specie di passaggio implicito dal particolare all'universale. Si ha a che fare con tre esseri umani "vivi" a tutti gli effetti, ma che si comportano, parlano, discutono e compiono atti che possono benissimo essere presi a modello per specifiche categorie umane o sociali.
In questa storia Somaski simboleggia il tipico americano sboccato, godereccio, violento, anticonvenzionale, libertario ma anche un po' sbandato, che vive alla giornata; Meadows la vittima di un'educazione rigida ma anche trascurata, è frustrato, debole di carattere, destinato alla sopraffazione; Mulhall ha un carattere più sfumato, intermedio, è il personaggio meno caratterizzato se non per il fatto che è nero di colore e per questo si porta dietro discriminazione e difficoltà di inserimento.
Qua e là appare poi un ambiente militare inerte, "rifugium peccatorum", ma allo stesso tempo anche luogo dove tramite la gerarchia si possa sfogare il desiderio di potere, e sede poi di inutilità e regole assurde. Ci sono poi sprazzi di una società civile in crisi di valori, divisa fra fuga in altre realtà spirituali o in una contestazione radicale al sistema.
Oltre agli stilemi del genere road movie, Ashby ci mette del suo, cioè il tema della formazione-liberazione-scoperta da parte di un personaggio infelice, chiuso, il quale prende coscienza di se stesso e del mondo. Era così con il protagonista di "Padrone di casa" e "Harold and Maude". Qui è Meadows che grazie agli "insegnamenti" di Somaski prende coscieza e fiducia di sé e ha il coraggio (o almeno tenta di averlo) di affermare se stesso, la propria personalità sopra i condizionamenti esterni.
"L'ultima corvé" in qualche maniera però ci segnala la difficoltà, se non l'impossibilità di una liberazione dai condizionamenti, le regole del "sistema", al quale giocoforza siamo costretti a ubbidire. E' un dilemma che scuote i personaggi, combattuti fra i compiti che devono svolgere, i doveri sociali che sono tenuti a rispettare da una parte e la loro coscienza libertaria, la loro etica "pietosa", la voglia repressa di ribellione dall'altra. Un conflitto che si sviluppa sotterraneo e quasi rimosso per tutto il film e che scoppia all'improvviso nel finale, in cui la parte "imposta" ha alla fine il sopravvento (e forse non poteva essere altrimenti se si vuole essere realisti).
Ashby è veramente coraggioso nel proporci non dei finali consolatori o delle scappatoie speranzose e utopiche, qualcosa di didattico che scuota e sensibilizzi le coscienze; invece, come molti autori degli anni '70, ci sbatte in faccia l'impotenza dell'individuo a sconfiggere o a sfuggire alle stritolanti regole del sistema.
Purtroppo non sono riuscito a entrare in sintonia perfetta con i personaggi e con la storia. Ho avuto a volte la sensazione di noia. Ma è una mia impressione personale; il film è bello e ben fatto (molto suggestive e azzeccate le ambientazione dimesse e invernali).