Alpagueur 10 / 10 05/10/2020 17:00:29 » Rispondi Un film non molto conosciuto, e che è anche molto difficile da reperire in giro, se non in qualche negozio specializzato. "Il gatto dagli occhi di giada", di Antonio Bido, nasce nel 1976, praticamente l'anno dopo in cui è uscito il capolavoro di Dario Argento, Profondo rosso. Questo film nasce quasi per poter sfidare il capolavoro del maestro Argento, e secondo me ci riesce, ma in parte. Anche questo film è un intreccio di eventi, un intreccio che porta a una storia molto complessa e molto malata. A differenza del capolavoro di Argento questo film secondo me ha un qualcosa in più, anzi due cose in più: la prima è una trama ancora più complessa, e l'altra cosa è il fatto che tocca un tema molto sociale, molto delicato, come quello del nazismo e dei campi di concentramento. Questo film parla di una giovane cabarettista che, passando con un taxi davanti a una farmacia, si ferma e trova il farmacista morto. Intravede l'assassino, e da li a pochi giorni anche lei rischierà di essere uccisa dalle stesse mani. Decide così con il suo compagno, di incominciare a indagare su tutto questo, anche perchè da li a breve ci sarà una catena di delitti, e questi delitti sono collegati l'uno con l'altro. Si scoprirà che tutte queste persone che sono state uccise dalla stessa mano, tempo indietro avevano fatto parte di una giuria popolare. Ma il finale del film non è soltanto questo... ora non voglio star qui a svelarlo perchè toglierebbe il bello del film, però posso solo anticipare che è un finale del tutto inaspettato, è un finale a tratti commovente, perchè appunto come dicevo prima questo film tocca un tasto molto delicato e molto triste, il tema del nazismo, dei campi di concentramento, questa orribile macchia che la storia mondiale non si toglierà mai di dosso. Il film, girato in 35mm, con una buona fotografia, ripercorre tutte le regole dettate da Argento nel genere, ovvero la suspense, gli omicidi portati all'esaltazione, il modus operandi del maniaco, sempre diverso, ci saranno gole tagliate, teste infilate nel forno, strangolamenti. C'è un omicidio che omaggia Profondo rosso, in tutta la sua ampiezza, ovvero il secondo omicidio, dove una donna verrà spinta con la testa dentro il forno, e una volta che sarà tirata fuori, avrà il viso deturpato, un po' come succede alla scrittrice in Profondo rosso, dove verrà affogata in una vasca da bagno bollente. Il titolo originale di questo film sarebbe stato Commissione omicidio, ma ai tempi i produttori decisero che era meglio usare un titolo argentiano, anche perchè era quello che andava per la maggiore, e così Bido trasformò il titolo nel "Il gatto dagli occhi di giada", a mio avviso molto meglio. Molto buoni i "camera work" (le soggettive dell'assassino), i campi lunghi persi nel vuoto, quasi prima di ogni omicidio, e un'altra scena che voglio segnalare, a tutti gli amici registi, è l'omicidio dell'usuraio, nella vasca da bagno, dove praticamente dal momento in cui l'assassino mette le mani addosso alla vittima, fino al momento in cui muore, ci sono circa 35 tagli di immagine, un lavoro molto dinamico per gli anni che furono, un lavoro che magari al giorno d'oggi potrebbe sembrare la normalità, ma considerando che i tempi nel montaggio, non c'erano questi ritmi, devo dire che Bido ha fatto un ottimo lavoro in quella scena, e soprattutto perchè in quella scena c'è un pezzo di Giuseppe Verdi (il famoso "Requiem Dies irae", utilizzato già in passato nel film giallo di Armando Crispino "L'etrusco uccide ancora" del 1972), che viene portato all'esaltazione, e che esalta appunto l'omicidio stesso. L'ottima colonna sonora è firmata Trans Europa Express, gruppo prog-rock. I pezzi si dividono in due fasi: il tema portante è un cupo giro di basso, con l'aggiunta di suoni elettronici molto malati, molto atmosferici, che accompagnerà ogni sequenza di morte del film; mentre l'altra parte di pezzi sono pezzi più rock, come dicevo prima, più rock- prog di stampo settantiano, molto vicini ai Goblin, ma anche se non ci sono i Goblin a fare da colonna a questo film, questo gruppo non li farà di certo rimpiangere, la colonna sonora è VERAMENTE voto 10. Il film è ambientato in due città diverse: una prima ora abbondante di pellicola, dove vengono commessi i due primi omicidi, a Roma, e l'ultima mezz'ora a Padova (citta magica, misteriosa, esoterica), dove sarà commesso il terzo e ultimo omicidio, e che sarà la chiave per la soluzione del mistero. Proprio a Padova abbiamo le due scene forse più suggestive del film, la visita alla ormai fatiscente ex villa Dezzan , con la vetrata che crolla improvvisamente e il primo piano della cinepresa sulla conseguente inquietante ed isterica risata del barbone balbuziente, e la seconda visita all'ospizio, con i bellissimi addobbi barocchi, molto colorati, con la soprano e il ragazzo pianista che musicano la bellissima aria lirica "Stride la vampa" (dal Trovatore di Verdi) mentre tutti gli anziani la "ascoltano", e due elementi molto datati come il grammofono, il disco e la famosa fotografia in b/n che ritrae due donne e due bambini, che riportano ai tempi della guerra. Antonio Bido non ha fatto molti horror, anzi si può dire che ne ha fatti solamente due, il primo appunto è "Il gatto dagli occhi di giada" e il secondo è "Solamente nero", un altro film di stampo argentiano ma più sulla falsa riga de "La casa dalle finestre che ridono" di Pupi Avati, ambientato in città di provincia, con dei ritmi già più lenti, più pacati rispetto al gatto dagli occhi di giada. Che dire, io vi auguro di trovarlo, guardarlo e apprezzarlo perchè è un ottimo thriller di stampo italiano anni '70, ha tutto quello che deve avere un film di quel genere.
Paolo Malco quando è stato girato il film aveva 30 anni, il bambino che accarezza il pupazzo nella fotografia della Messori (e della vecchietta dell'ospizio) circa 4, risalendo la cattura della famiglia del giudice al 1944, Carlo avrebbe dovuto avere 33 anni nel film, quindi ci siamo tranquillamente come date. Nel 1944 la situazione per i civili italiani (non solo ebrei) era davvero tremenda... i tedeschi, sentendosi "traditi" dagli ex alleati (noi), non esitavano a mettere in atto ogni sorta di rappresaglia (famoso l'eccidio delle Fosse Ardeatine in cui 335 italiani innocenti furono fucilati alle spalle, come conseguenza dell'attentato di via Rasella, in cui furono uccisi dai partigiani comunisti 33 soldati nazisti) Prima di ogni omicidio compare l'istantanea degli occhi del gatto (quasi a voler sentenziare), una via di mezzo tra la faccia di una persona umana e il pupazzo sulla scrivania del giudice e sulla foto in possesso della Messori e della vecchietta dell'ospizio, abbastanza inquietante. La giada del titolo credo sia da intendersi come simbolo della ricchezza degli ebrei, una pietra preziosa affascinante, la cui tinta naturale può variare dal bianco al giallo al verde al violaceo. Ma è anche possibile che gli occhi del pupazzo fossero effettivamente di giada, spesso infatti gli ebrei nascondevano le pietre preziose nei posti più impensati, per non farsi depredare dei loro averi. Viene da chiedersi chi fosse la bellissima ragazza bionda della foto al fianco della donna bruna, madre dei due bambini. Dal momento che la Messori aveva una copia di quella foto, probabilmente era lei (ma allora cosa ci faceva la stessa foto nel tavolino della vecchietta della casa di riposo di Padova?) L'idea geniale delle due fotografie l'avevamo vista già nelle 4 mosche di Dario Argento, ma qui sono identiche (una con le due teste ritagliate e l'altra intera), mentre nell'altro sono riferite a due persone diverse.