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FILM regia di Alan Schneider, Samuel Beckett

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ULTRAVIOLENCE78     9 / 10  08/06/2008 13:07:57Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Straordinario esempio di cortometraggio sperimentale. Samuel Beckett passa con disinvoltura dal “Teatro dell’assurdo” al “cinema dell’assurdo”, mettendo in scena il confronto tra due sguardi: quello (opaco) del protagonista, incarnato da un inedito Buster Keaton ormai al crepuscolo della sua vita, e quello (nitido) del regista che osserva il percorso del primo, seguendone tutti i movimenti quasi come se ne fosse l’ombra. E infatti alla fine la soggettiva del regista e quella di Keaton collimeranno: il primo non è altro che la proiezione del secondo, la sua coscienza inorridita dalla miseria del presente, che ha preso il posto di un passato fastoso, “abbruttendolo” agli occhi propri e di chi si imbatte in lui. Keaton vuole eliminare ogni traccia di sé, cercando di sfuggire per sempre allo sguardo altrui (anche degli animali e degli oggetti inanimati). Ma alla fine tutto risulterà vano: non si può scappare dal proprio passato e soprattutto dalla propria coscienza di sé. Meravigliosa la sequenza finale in cui l’occhio della cinepresa gira vorticosamente nella camera al cui centro si trova il protagonista (fino a quel momento ripreso di spalle), fino a quando non gli si posiziona davanti immedesimandosi nello stesso.
Il cortometraggio si apre e si chiude emblematicamente con il primo piano di un’iride.