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PICNIC AD HANGING ROCK regia di Peter Weir

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Terry Malloy     10 / 10  26/03/2012 22:58:05Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Ho letto vari commenti in cui si parla di una notevole presenza bergmaniana in PAHR, ma io più che il regista svedese ho visto un fondamentale rieccheggio delle inquietanti e magnetiche presenze della Zona di Stalker.
Tuttavia Weir modifica il punto di vista rispetto a Tarkovskij. Nel cineasta russo infatti era l'Uomo al centro della Zona. In Weir ciò è vero solo in parte. Certo l'espressionismo (nel suo senso artistico) dei volti di Miranda, Irma e Edith (che attrici superbe) è un'immagine significativa di ciò che È la Roccia (sì, perché ho letto che molti si sono chiesti cosa avvenga DENTRO Hanging Rock, ma mi sembra una falsa partenza), ma non può sfuggire di certo che gli uomini sono considerati meno di zero dal regista australiano. Sì, perché mentre in Tarko era solo in atto (forse all'inizio) il processo di svalutazione, di accusa, di riprovazione nei confronti dell'Uomo, in Weir siamo alla frutta: gli animali sono osservati in tutta la loro inquietante naturalità, ma sembrano dominare la scena molto di più rispetto ai loro confratelli umani. Le parole di una giovane suonano a questo punto ridicole: "Millions of year…just for us!". Ed è unicamente in questo quadro di tremendo sadismo anti-umanista che si inserisce la critica autoctona al becero, ipocrita e falso sistema vittoriano. Il posticcio classicismo (sarebbe bello lavorare sui rapporti tra la storia dell'arte e questo film) dell'istitutrice ci arriva alle orecchie come distorto: "Now i know: Miranda is a Botticelli's angel". Miranda lo è, ma dentro nasconde l'inquietudine mostruosa della bestia. Il suo volto bellissimo è un messaggio sottointeso, è un messaggio nascosto e furtivo come un biglietto di San Valentino. La realtà è davanti agli occhi di tutti. In effetti Hanging Rock gioca su un mistero senza mistero. Un personaggio assolutamente secondario dice la verità del film: "La MORTE è nel cielo (e Miranda indicherà proprio il cielo a un certo punto della sua escursione)… ci sono domande che hanno risposta e altre che non ce l'hanno". Non è nell'interesse del grandissimo regista australiano raccontare una storia, una storia di misteri e intrighi, il suo interesse è di raccontare di una "tensione", di un "mondo" attraverso uno "stile". È ciò che sta alla base dell'opera di Gadda per esempio. Weir sfrutta il cinema per raccontare di una inquietudine, di un Immaginario, di alcuni pensieri tormentati, esattamente come faceva Tarkovskij. Ma il Cinema di Weir va oltre Tarkovskij, perché mentre costui ricomponeva i suoi drammi con la catarsi dell'Arte (e aggiungerei con quella di un percorso innanzitutto spirituale della vita), Weir non risolve la tensione. Sto usando termini con cui Gadda si rifaceva al suo lavoro. Gadda non ricomponeva il circolo ermeneutico del romanzo rivelando il nome dell'assassino (Quer Pasticciaccio Brutto de Via Merulana o La Cognizione del Dolore) semplicemente perché non era nel suo interesse farlo. Lui voleva raccontare un mondo malato. E lo faceva travestendo (Wittgenstein) un mondo di un linguaggio barocco e distorto. Weir si limita a mostrare. Suggerisce. Ammicca. Ci convinciamo che qualcosa c'è, ma in realtà non c'è nulla. Nulla se non il cinema di Weir. Il grandissimo, mostruoso, devastante, ma soprattutto inquietante e inquieto cinema di Weir. La sua fotografia CREA il mondo parallelo e sovraumano che crediamo e DESIDERIAMO vedere con l'occhio. Il suo modo di girare, di montare. Il modo in cui recitano gli attori. Le poche, incomprensibili frasi quasi sussurrate all'orecchio indifferente della Natura e dello spettatore. Weir dà al cinema il compito di creare un mondo non percepibile razionalmente. È un compito quasi sovrannaturale. la tirannide della sceneggiatura non è mai stata più debole. In Weir c'è solo l'Immagine. In movimento. È il trionfo del Cinema su ogni arte. È Cinema, nella sua più alta essenza.