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VIAGGIO A KANDAHAR regia di Mohsen Makhmalbaf

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Marco Iafrate     7 / 10  26/09/2011 20:11:05Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Lascia due sensazioni: la prima è che un regista, di qualsiasi nazionalità, per essere considerato tale, deve avere la capacità di dirigere un film. Che sia di stampo documentaristico o di finzione dovrebbe saper stare dietro la macchina da presa e sfruttare al meglio i mezzi che ha a disposizione: attori, scenografi, montatori ecc. per dar vita al suo progetto, banale o interessante che sia. In poche parole deve fare al meglio il suo lavoro. La seconda (che è diretta conseguenza della prima)risiede nell'equilibrio che c'è tra il contenuto di un film (il messaggio, la storia, quello che vuole trasmetterci) e la capacità del regista e degli attori di trasmette questo contenuto agli spettatori. Ho cercato quest'equilibrio nel film, so benissimo che appena ci si discosta dagli standard attuali, quelli Hollywoodiani, quelli degli effetti speciali ad ogni costo, delle tre dimensioni, degli attori di grido belli e maledetti, si entra in zona di collisione, un urto che molti appassionati di cinema non sopportano proprio, la noia prende il sopravvento sull'interesse, e la curiosità di conoscere certe tragedie dei popoli cede il posto alla palpebra pesante.
Peccato, non dovrebbe essere così, il film non è così brutto, forse a supporto di una storia così drammatica, piena di contenuti, dal potenziale enorme, avrebbe dovuto corrispondere una maggiore bravura nel rappresentarla. C'è il fascino dei paesaggi, c'è il desiderio di far conoscere un mondo tanto diverso dal nostro, di divulgare un dramma così odioso come quello delle mine che storpiano uomini di tutte le età, di spalancare le finestre di un popolo interdetto alle troupe cinematografiche ( infatti il film è girato in Iran), quello che manca è il coinvolgimento emotivo che questo genere di pellicola dovrebbe trasmettere, ma non sempre la responsabilità è tutta del regista.
Noi ormai viviamo di azione, costantemente, e di azione abbiamo bisogno, è un nutrimento, un antidoto alla noia; un film che invita alla riflessione è un sassolino nella scarpa, ci appare per quello che non è, proprio per la nostra attitudine alla frenesia, i dialoghi di Nafas con il medico Canadese o i battibecchi con il ragazzino che deve accompagnarla in città, hanno il sapore di altri tempi, vanno ascoltati, attentamente, ci si deve adattare a ritmi che sono reali, il cinema di finzione non sempre deve stravolgere la realtà. Le mutilazioni non sono uno scherzo, le mine nascoste nelle bambole che esplodendo sbriciolano mani di bambine sono un delirio, come è un delirio l'indottrinamento dei bambini alla guerra, il cancella mento della dignità delle donne , è un delirio il burqa, è inconcepibile l' integralismo.
Questa follia può essere mostrata in due diversi modi: con esplosioni, violenze, sangue, grida, tutto ciò che appunto coinvolge emotivamente, fa molta più presa sul pubblico ed è più semplice. Quello che invece è più difficile è smuovere gli animi e le coscienze con l'assenza delle cose, con i silenzi, con la riflessione. Nel film non c'è violenza, non c'è sangue, non c'è rumore, è la strada che ha scelto il regista, in salita, soggetta a critiche ma coraggiosa ed il film va apprezzato per quello che è, se invece vogliamo andare a cercare emozioni forti ma diverse da queste ci sono gli action movies modello Bruce Willis , se vi piace il circo.
Ciumi  27/09/2011 10:59:54Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Minchia, quanta saggezza Marco… Bello il commento. Del film non ne so niente, però a giudicare dalla media mi sa che di palpebre pesanti ce ne sono parecchie in giro.
Marco Iafrate  27/09/2011 22:12:43Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Sei troppo buono Maurizio, grazie. Della media non ne terrei conto, il film non è così brutto, il messaggio di speranza di un popolo annientato, calpestato, privato della libertà, che durante il film si respira vale da solo la visione. La forza di volontà della protagonista è straordinaria, è la volontà di chi non ha paura, ammirevole in un posto dove un errore di valutazione ti costa la vita. Ci sono immagini bellissime, circondate di orrore (perdonami l'ossimoro) che difficilmente si dimenticano. Forse l'unico neo è nella recitazione, sinceramente monocorde, ma in fin dei conti gli attori sono quelli che sono. Certo, se ad un certo punto, fosse sceso Nicolas Cage da un elicottero e avrebbe preso a mitragliate i talebani sicuramente la media sarebbe più alta, ma questo è un altro discorso.