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COUS COUS regia di Abdellatif Kechiche

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Invia una mail all'autore del commento kowalsky     8 / 10  16/08/2008 12:18:53Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
E' trascorso quasi un anno dall'ultima mostra del cinema di Venezia e tardivamente (mai abbastanza) sono riuscito finalmente a vedere questo film incantevole, rendendomi conto di quanto mi ero perso allora... per inciso: le medie non fanno per me, ma la diffidenza degli spettatori verso questo tipo di prodotto mi lascia, lo confesso, assai perplesso.
Perchè il film è di una semplicità disarmante, e l'unico compìto gravoso dello spettatore è di affidarsi ai lunghi dialoghi (troppi, vero, ma sono grandiosi...) mentre la lunga durata vive una tempesta di piccole e grandi emozioni dove la denominazione "etnica" è del tutto irrilevante.
Dico questo perchè siamo ben lontani dal cinema contemplativo e simbolico di Kiarostami o Payami, o del rigore ideologico di Amos Gitai (semmai c'è qualche punto in contatto con Almodovar).
E questo "volver" filoarabo (in France) è recitato divinamente e - come già detto - vanta dialoghi strepitosi per cui non è difficile empatizzare per una serie di argomenti "popolari" che potrebbero appartenere a qualsiasi famiglia occidentale, e insegnano che il concetto di famiglia è universale, in fondo (lo scontro tra Julia e sua madre mi ha ricordato il rapporto mio con mia madre).
E, ancora una volta, un cinema (e che cinema!!!) dei PADRI, come quell'indimenticato film russo vincitore ai festival ("Il ritorno") o l'ultimo Lumet.
E' attraverso le rughe, l'amarezza e la sorprendente umiltà del protagonista (il bravissimo Habib Boufares) che noi vediamo in "cous cous" qualcosa che appartiene a noi più di quanto siamo disposti a credere.
Ha certamente meritato il gran premio della giuria di Venezia, e sarebbe stato un degnissimo Leone.
Sembra un film esile, questo, ma nel bisogno di ritrovarsi davanti a un rito anche culinario di appartenere a chiunque di essere un'unità fusa in nazioni e continenti diversi, di amarsi nonostante il dolore, o l'amarezza di un'equilibrio precario atto a stravolgere questa grande armonia, in tutto questo c'è davvero qualcosa di noi.
L'ho amato alla follia: bastano i rituali del cous-cous in famiglia con i discorsi audaci dell'unico "occidentale" presente, o la dolorosa preservazione del finale...(spoiler).

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