caratteri piccoli caratteri medi caratteri grandi Chiudi finestra

COUS COUS regia di Abdellatif Kechiche

Nascondi tutte le risposte
Visualizza tutte le risposte
Invia una mail all'autore del commento Andrea Lade     8½ / 10  29/01/2008 12:32:37Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Il grano e il cefalo. Forse in italiano non avrebbe avuto lo stesso fascino, ma sicuramente il titolo tradotto diversamente ha contribuito al successo di questa pellicola comunque ben realizzata.

C.C è un film molto complesso, non facile da digerire, articolato su molteplici strutture narrative. Un film sociale, dove il mondo del lavoro sembra essere il vero protagonista. Slimane è un operaio in un porto vicino Marsiglia, e viene licenziato perchè oramai non serve più: poco disposto alla flessibilità di orario viene preferito a lavoratori immigrati più giovani. Slimane però non accetta la sconfitta e tenta di rimettersi in gioco con l'obiettivo di realizzare un'impresa privata, tentando disperatamente di ottenere aiuti economici e permessi da un sistema burocratico apparentemente ostile. Ma il film non è solo denuncia sociale.
Il regista pone l'accento sulla struttura familiare di Slimane e dà vita ad uno spettacolo corale; ogni personaggio diventa il protagonista di una dinamica familiare narrata con enfasi, e lo spettatore viene messo a conoscenza di un mondo che svela il lato più nascosto di una comunità franco-araba. Il regista affronta il mondo delle interazioni private e lo fa raccontando i traumi, i problemi economici, le personalità isteriche, le battaglie generazionali e le superstizioni di un clan ripreso però senza giudizio alcuno. La particolare tecnica cinematografica del primo e primissimo piano con dialoghi spontanei e monologhi volutamente prolissi, la scarsa attenzione estetica del linguaggio, rendono l'espressione dei personaggi particolarmente autentica.
L'incisività dello sfogo della moglie tradita rappresenta a mio avviso uno degli esempi di realismo cinematografico più convincenti degli ultimi tempi.
Non sarebbe comunque un film da Leone d'Oro (molto più giusto per questo film) se il regista non ci avesse regalato un finale sensuale, pieno di colori, suoni e sapori quasi a ricordarci che il cinema è pura arte visiva. La struttura narrativa cede al fascino di un'attrice ventenne, premiata giustamente come migliore attrice rivelazione, che inventa una danza del ventre simbolo di una vita liberamente affidata ad un destino di sorprese.
Zarco  05/10/2016 16:31:20Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Ho la stessa sensazione di Polbot.
polbot  02/02/2008 09:28:32Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
ma quanto ti ha pagato il regista x sto commento??? ;-)