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PONTORMO - UN AMORE ERETICO regia di Giovanni Fago

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Rama     3 / 10  06/06/2004 23:04:19Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Quando un'arte incontra un'altra arte spesso ne nascono capolavori, altre volte grandi papocchi. Il caso di Pontormo rispecchia bene o male questa dinamica, la rispecchia nel secondo senso purtroppo. L'attenzione è volutamente posta sul valore e sul significato profondo della pittura in quanto arte, ma è un'attenzione spasmodica, che macchia e guasta il quadro d'insieme.

Siamo in pieno '500, e la Chiesa si deve ancora assestare dopo lo scisma luterano. L'elezione del cardinal Carafa al soglio pontificio non aiuta di certo alla distensione, anzi, all'Inquisizione viene data nuova linfa e potere. In questo quadro poco idilliaco si inseriscono i complessi rapporti tra ducati, papa e imperatore. E, ancora, il rapporto tra i principi di corte e gli artisti al loro soldo.

E' in questa prospettiva che si inserisce la figura di Jacopo Carrucci, detto Pontormo, pittore di corte di Cosimo I de Medici. Offuscato dal genio dei suoi illustri contemporanei, Pontormo vive in modo disinteressato l'amore per l'arte e la pittura, amando il suo lavoro come veicolo di salvezza eterna. Nei suoi ultimi tempi, quelli narrati dal film, Pontormo (Joe Mantegna) si ritrova a dover ultimare gli affreschi nell'abside di san Lorenzo, a Firenze, e nello stesso tempo a difendere dal rogo una giovane arazziera fiamminga.

L'attenzione maniacale che il regista ha nel sottolineare i moti d'animo e le profonde spinte che spingono il proprio protagonista a declamare ogni battuta come se fosse la morale del film appesantisce in modo grottesco il film. Un Mantegna spaesato e incerto, che offre il meglio di se nei confronti con l'Inquisitore (Terzieff), sembra quasi non capire quello che sta recitando. Galatea Ranzi, che interpreta un personaggio muto, trasmette la sua condizione di disabilità come per osmosi, tanto che in alcuni momenti mugugnano e sbuffano tutti i personaggi che la circondano.

Una colonna sonora semplice e lineare, ma non disprezzabile, fa da cornice ad una realizzazione mediocre. A parte il discutibilissimo e mal riuscito uso del digitale, a cui si può andare incontro per motivi di budget, anche la fotografia è pessima, con giochi di colori e luci sbagliatissimi e improbabili. Non solo, ma alcune scene sono girate con una pochezza e un pressapochismo imbarazzante, vedi per esempio le scene dei malori del pittore.

Il cast, oltre al già citato Mantegna, comprende una discreta Galatea Ranzi (sarà che non ha battute?) e un bravo Terzieff nella parte dell'inquisitore.

Approfondendo alcuni aspetti ed eliminandone altri sarebbe potuto uscire qualcosa di discreto. Invece Fago si lascia prendere la mano da questa voglia di istruirci sull'arte e sul suo significato. Il che rende il film pedante e noioso.